3 dicembre 2008, Storia dell’Architettura Contemporanea di Marco Biraghi.
il menabò 2
4 maggio 2009, 1928/2008 – Casabella. Una rivista, molte storie di Chiara Baglione.
il menabò 3
18 maggio 2009, Le radici tedesche dell’architettura moderna. Gli esordi del Werkbund e di Mies di Werner Oechslin.
A partire da dicembre 2008, all’interno della Facoltà di Architettura Civile di Bovisa, GIZMO inaugura una serie di presentazioni di libri di architettura. Nelle intenzioni di Gizmo le presentazioni dei testi costituiscono delle importanti occasioni per affrontare alcune questioni che riguardano l’architettura contemporanea. Non a caso il titolo degli incontri è Il menabò, una rivista di critica letteraria fondata da Elio Vittorni e Italo Calvino nel 1959, di cui inseriamo, a titolo esemplificativo, l’introduzione al primo numero:
”Progettata da più di un anno, l’iniziativa di cui questo volume costituisce la prima manifestazione ha i caratteri insieme di una rivista e di una collana letteraria.
I testi di letteratura creativa che vi andremo pubblicando (di narrativa, di poesia, di teatro) saranno tutti così lunghi che ciascuno di essi dovrebbe poter fare libro a sé ed essere comunque in grado di dare un’idea completa della personalità (al momento) di chi lo ha scritto. Ma i testi saranno almeno un paio per volume, verranno associati volta a volta secondo un criterio che li coordini in un senso di affinità o di contrapposizione, e ogni testo avrà accanto (oltre a note informative o polemiche) un saggio critico concertato in sede di direzione che tratti del problema morale o storico o letterario cui il testo in qualche modo si riferisce.
Questo per cercare di vedere a che punto ci troviamo nelle varie, troppe, questioni non solo letterarie oggi in sospeso, e per cercare di capire come si potrebbe rimetterci in movimento.
La crisi della letteratura (e in generale della cultura) in Italia sembra essere più che altro oggi di deficienza critica. […] Però è crisi che procede da cause certo serie e profonde. […]
Ma noi ci auguriamo che la realtà sia nel suo fondo un po’ diversa; non «irrimedibile» non nera; e che quanto ci si è lasciato di ricco e di aperto alle spalle per metterci a piantare giardinetti di betonica e ghiaia non ci sia ancora uscito di mente almeno come bisogno di «plein air»; e che quel discorso sia stato interrotto nell’attualità della superficie ma che sotto sotto continui da persona «reale» a persona «reale».
I fatti nuovi […] hanno forse non di altro bisogno di essere visti in prospettiva.
Riguardo infine al nome che abbiamo scelto per la nostra iniziativa vogliamo semplicemente avvertire che esso non ha nelle nostre intenzioni alcun valore emblematico, il menabò, diciamo, e tutti si sa che cosa sia un menabò, di pratico, di strumentale, nel corso della realizzazione grafica di ogni lavoro editoriale o giornalistico. Un nome legato a un’idea di funzionalità, e rapido e allegro di suono: per questo ci è piaciuto.”
[Elio Vittorini]