Peccato

di Marco Biraghi


L’idea della Fondazione Feltrinelli è indubbiamente buona. Semplice, ma buona. Realizzare un luogo in cui poter leggere un libro, studiare, passare il tempo, bere un caffè, forse addirittura mangiare qualcosa. Il tutto contornato da qualche albero e da un po’ di spazio pedonale, auspicabilmente non invaso dalle automobili.


Idea semplice ma straordinariamente inventiva per Milano, dove ciò che manca più di ogni altra cosa sono proprio i luoghi per sedersi, per chiacchierare, per oziare, o per lavorare al proprio computer portatile, senza che questo comporti – alternativamente – andare in biblioteca, dove si è obbligati al silenzio, o in un locale pubblico, dove si è assordati dal frastuono, o su una panchina di un parco, dove si è alla mercé delle condizioni meteorologiche, e così via. Un luogo dove sia possibile fare tutte queste cose assieme, o anche soltanto alcune di esse. Un luogo civile. Semplice ma geniale. Un luogo che manca, e del quale a Milano si sente un gran bisogno.


Nel video che illustra il progetto per la nuova sede della Fondazione Feltrinelli realizzato dagli architetti Herzog & de Meuron, situata in corrispondenza dei due caselli di Porta Volta, sopra il tracciato delle Mura Spagnole, l’edificio viene presentato dall’alto e dal basso, in visioni diurne e notturne, da viale Pasubio e da via Paolo Sarpi, immerso nel traffico automobilistico e animato da persone ridotte a semplici ombre scure.


Ma da qualunque lato lo si mostri, da qualunque angolazione  lo si osservi, in qualunque senso lo si giri, l’edificio della Fondazione Feltrinelli di Herzog & de Meuron continua inesorabilmente a restare inguardabile.


Peccato.


A giustificazione della sua forma Herzog & de Meuron portano la tradizione gotica e la struttura delle cascine lombarde amate da Aldo Rossi. Purtroppo però la nuova sede della Fondazione Feltrinelli non sembra giovarsi troppo di questi esempi.


Per quale ragione gli architetti non italiani che progettano e costruiscono a Milano (Cobb & Pei, Libeskind, Herzog & de Meuron) tanto spesso ritengono di dover rendere omaggio al presunto spirito “milanese” e “lombardo” dell’architettura di questa città “citandone” le guglie, le cime montane, le fabbriche, i rami dei laghi? Non sarebbe meglio concentrarsi per cercare di fare un’architettura decente?



16 marzo 2010