Un altro architetto finlandese


il menabò 5 bryggman micheli

 


dall’introduzione del libro Silvia Micheli, Erik Bryggman 1891-1955. Architettura moderna in Finlandia, Gangemi, Roma 2009)


 

“Erik William Bryggman (Turku, 1891-1955) è un esponente di assoluto rilievo dell’esperienza architettonica moderna in Finlandia nella prima metà del XX secolo. Quando Bryggman si appresta a intraprendere la professione, la Finlandia è segnata da profondi mutamenti economici, dovuti al raggiungimento dell’indipendenza politica, al rapido sviluppo industriale e al conseguente impulso all’attività edilizia. 


Bryggman si impegna nell’attuazione del rinnovamento architettonico del paese e realizza edifici di notevole interesse architettonico, come la cappella cimiteriale di Parainen (1929-47), il padiglione finlandese all’esposizione internazionale di Anversa (1929-30), la sede dell’Istituto sportivo di Vierumäki (1930-36), villa Warén (1932-33) e la Cappella cimiteriale di Turku (1938-41), considerata tra gli esempi più eccelsi di architettura religiosa del Novecento. Le affascinanti opere di edilizia religiosa e residenziale e i significativi risultati progettuali della collaborazione con Alvar Aalto alla fine degli anni Venti sono i motivi principali per i quali la produzione architettonica di Bryggman viene stimata anche a livello internazionale. Il suo nome è menzionato in illustri testi di storia dell’architettura  e i suoi progetti di ville, chiese e cappelle funerarie sono apparsi su numerose pubblicazioni dell’epoca . 


Nonostante l’interesse suscitato anche in ambito internazionale, l’opera architettonica di Bryggman non ha trovato per lungo tempo una interpretazione complessiva adeguata né una collocazione opportuna nella storia dell’architettura finlandese e dell’area nordica europea della prima metà del XX secolo. Ciò è in parte dovuto all’ampio consenso riscosso da Aalto, sulla cui opera si è accentrato il pensiero critico internazionale. L’irruente personalità di Aalto, il dialogo intrattenuto con la committenza industriale, i suoi prestigiosi contatti internazionali e il suo metodo progettuale sperimentale sono aspetti che lo hanno portato a essere riconosciuto quale rappresentante dell’architettura moderna in Finlandia. Ma come sostiene Kyösti Alander già nel 1956 sulle pagine di «Casabella-Continuità», Aalto rappresenta sì «un buon esemplare di architettura finnica, un esponente brillante, ma non tipico». In un articolo apparso su «Architectural Review» l’anno successivo, lo storico e critico dell’architettura Reyner Banham sembra sviluppare l’intuizione di Alander, interrogandosi sull’effettiva opportunità di attribuire ad Aalto la completa responsabilità della vicenda del Moderno in Finlandia. Scrive Banham: «L’architettura finlandese era infatti conosciuta solo per il genio di Eliel Saarinen, e unicamente grazie alla reputazione della sua stazione di Helsinki caratterizzata da dettagli austeri e raffinati: e oggi l’architettura finlandese è ancora una volta conosciuta per un uomo solo, Alvar Aalto, e per un unico edificio, il suo sanatorio a Paimio […]. Ma quanto l’opinione architettonica internazionale era giustificata allora e quanto è giustificata oggi nel concentrare la sua stima su un unico uomo?» . 


Tra il 1920 e il 1950 infatti, anche Erik Bryggman, Pauli E. Blomsted (1900-35), Elsi Borg (1883-1958), Hilding Ekelund (1893-1984), Erkki Huttunen (1901-56), Oiva Kallio (1884-1964), Otto I. Meurman (1890-1994), Uno Ullberg (1879-1944) e Martti Välikangas (1893-1973) contribuiscono attivamente a rendere l’architettura finlandese degna di nota nel panorama europeo . Kenneth Frampton, che sostiene la medesima tesi, attribuisce  allo stesso Aalto questa interpretazione: «Il valore della cultura architettonica nel suo insieme [riveste] un’importanza maggiore del contributo dei singoli; un’opinione condivisa dallo stesso Aalto, che in più occasioni rammentò il proprio debito verso gli “anonimi” architetti di grande professionalità che avevano collaborato con lui nel corso degli anni» . Sebbene siano passati decenni dalla pubblicazione di questi illuminanti contributi critici e l’esperienza aaltiana sia ormai riconosciuta quale episodio per molti aspetti singolare nella storia dell’architettura finnica, l’apporto degli “altri” architetti finlandesi continua a rimanere silenziosamente nascosto nelle pieghe della storia dell’architettura del XX secolo, poiché indagato in modo incompleto, spesso con la tacita intenzione di sostenere l’interpretazione di alcuni momenti significativi della vicenda di Aalto. L’obiettivo di questo studio è di articolare il panorama della vicenda progettuale finlandese della prima metà del Novecento, per dimostrare come i più significativi edifici realizzati in Finlandia a partire dagli anni Venti non siano stati generati da un’unica mente geniale ma siano il risultato dell’intreccio di diverse esperienze, apportate da architetti accomunati dall’intento di promuovere un aggiornamento architettonico nazionale. La vicenda architettonica di Erik Bryggman si pone come un esempio opportuno da cui intraprendere questa indagine, poiché permette di porre questioni “altre” rispetto a quelle affrontate negli studi aaltiani e di analizzare la storia moderna finlandese attraverso temi peculiari. 


Al fine di rileggere la produzione architettonica di Bryggman secondo una nuova linea interpretativa, nel presente studio è stata privilegiata una suddivisione tematica delle sue opere, scartando la possibilità di adottare criteri analitici di ordine stilistico o di seguire un percorso cronologico . È risultato comunque necessario redigere il regesto completo dei progetti di Bryggman, molti dei quali inediti e sconosciuti, per comprendere con quanta coerenza egli avesse mantenuto una continuità metodologica nel corso della sua intera attività. Gli apparenti punti di discontinuità formale rilevati all’interno della sua opera non sono la conseguenza di scarti stilistici bensì scaturiscono da momenti di profonda riflessione, dovuti anche a motivazioni di natura economica e sociale.


Dopo aver conseguito la laurea all’Università Tecnica di Helsinki nel 1916 e dopo aver svolto il tirocinio presso i maggiori studi della capitale, Bryggman decide di intraprendere la professione nella città natale di Turku, l’antica capitale della Finlandia, con l’obiettivo di imprimervi un nuovo carattere architettonico corrispondente agli sviluppi economici e sociali nazionali. A Turku Bryggman incontra una committenza che nutre stima e fiducia nei suoi confronti e che gli affida numerosi incarichi. La sua opera è quindi strettamente correlata all’assetto sociale e culturale della città, influenzata dalla vicina Svezia e pertanto profondamente diversa da Helsinki. È risultato quindi proficuo ricostruire le dinamiche storiche e politiche che hanno reso Turku un luogo particolarmente favorevole per l’attività professionale della nuova generazione di architetti ma anche per l’attuazione di quella sperimentazione architettonica così significativa che ha avuto luogo in Finlandia tra il 1926 e il 1933. È infatti a Turku che prende avvio una stagione architettonica di intensa sperimentazione progettuale in cui Bryggman e Aalto, con la collaborazione dei colleghi di Helsinki, arrivano ad aggiornare i metodi formali e costruttivi nazionali, attraverso la sintesi tra la tradizione locale e gli standard internazionali.

 

Questo approccio metodologico, basato sulla commistione di tradizione e modernità e che innerva la poetica architettonica di Bryggman anche negli anni a seguire, non è del tutto nuovo nella storia dell’architettura finlandese. Si è pertanto indagata l’influenza che i maestri di Bryggman, tra i maggiori esponenti del nazional-romanticismo finlandese tra il XIX e il XX secolo, hanno esercitato su di lui e sulla nuova generazione di architetti, al fine di ricostruire una genealogia metodologica, che permette di stabilire una continuità operativa tra le due epoche architettoniche. È quindi stato possibile chiarire il personale metodo progettuale di Bryggman, il cui esempio più eccelso è la Cappella cimiteriale di Turku (1938-41). Questo straordinario edificio si colloca, nella carriera dell’architetto, come il traguardo di un percorso intrapreso per circa quindici anni e, al tempo stesso, rappresenta il punto di partenza di un secondo periodo in cui egli consolida i suoi principî progettuali.” 


di Silvia Micheli