A Venezia la pubblicità è maxi

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© Gizmo Review 

di Silvia Micheli

Tra le poche città occidentali, Venezia (19 milioni di visitatori annui) ha resistito all’invasione pubblicitaria del suo centro storico, il quale, fino a pochi anni fa, vantava la completa assenza di insegne pubblicitarie, considerate elementi deteriori alla valorizzazione del suo patrimonio artistico e architettonico. 

Durante il terzo mandato Cacciari, tuttavia, i marchi più prestigiosi del commercio mondiale hanno trovato il modo di penetrare anche in Laguna. Si legge sul sito web del comune di Venezia che in data 2 aprile 2007 «la Giunta comunale […] ha approvato, su proposta del sindaco, Massimo Cacciari, una delibera con la quale concede la deroga al divieto di pubblicità commerciale sul Canal Grande e consente affissioni pubblicitarie sugli assiti di cantiere delle facciate di Ca’ Vendramin Calergi e di Ca’ Giustinian, stabili di proprietà del Comune di Venezia, sulle quali cominciano in questi giorni interventi di restauro che dureranno due anni. Gli assiti potranno così essere utilizzati per affissioni pubblicitarie, il cui ricavato sarà destinato alla salvaguardia del patrimonio architettonico e culturale e al finanziamento delle feste tradizionali come Redentore, Regata Storica, Carnevale. 

Gli spazi sono gestiti direttamente dal Comune – Ufficio Marketing e Immagine e vengono commercializzati su spazi di 130 metri quadrati, per frazioni non inferiori al mese, in seguito all’esito deserto della gara per l’affidamento degli spazi pubblicitari a un unico concessionario o inserzionista. Il contenuto e la grafica di tutti i messaggi pubblicitari saranno preventivamente approvati sia dalla Soprintendenza per i beni architettonici, sia dall’Ufficio Marketing e Immagine. La facciata sarà solo parzialmente interessata dal messaggio pubblicitario, mentre la parte rimanente sarà ricoperta con telo raffigurante il palazzo». 

Solitamente si tratta di reti stampate montate sulle impalcature, in modo da avvolgere l’edificio in restauro. La rete, che supporta il vero messaggio pubblicitario, deve riportare l’immagine del palazzo. Un esempio su tutti, il caso recente del restauro della chiesa di San Simeon Piccolo, sul Canal Grande, avvolta da un involucro su cui è stampata l’immagine del pronao, a sua volta sovrastata dalla cosiddetta maxi affissione, in questo caso una pubblicità Benetton. Ma anche la Biblioteca Marciana, Ca’ Giustinian, le Gallerie dell’Accademia, Ca’ Vendramin Calergi hanno subìto lo stesso trattamento pubblicitario per essere riportati all’antico splendore architettonico. 

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Sussiste la possibilità che tali restauri possano protrarsi più a lungo di quanto necessario oppure che restauri non necessari vengano intrapresi al fine di utilizzare le impalcature come supporto per le maxi pubblicità. Queste osservazioni sono state sollevate anche in altre città italiane a proposito dell’uso di monumenti pubblici come spazi pubblicitari per l’autofinanziamento dei propri lavori di restauro – si pensi alle porte di Milano lungo i bastioni, rimaste per anni letteralmente “impacchettate”.

L’ex sindaco Massimo Cacciari si dichiara soddisfatto dei risultati ottenuti dalla sua politica a favore dell’uso di messaggi pubblicitari e, alla domanda su quanto sia giusto sottoporre il centro storico di una delle città più visitate del mondo a un processo di mercificazione come quello che sta subendo oggi Venezia, risponde che non «c’è alternativa».

Con il restauro di Palazzo Ducale (2008-2012), si è però compiuto un passo ulteriore nella conquista selvaggia dello spazio pubblico veneziano da parte dell’industria pubblicitaria.

L’operazione è gestita dalla Dottor Group s.p.a. con sede a San Vendemiano, in provincia di Treviso. La società, che opera come general contractor nel restauro dell’edificio, si preoccupa anche del reperimento dei finanziamenti necessari al suo completamento. Per questo si è impegnata nell’organizzare le maxi pubblicità sulle facciate dell’edificio, per un totale di 40.000 € al mese, che vanno a supportare i costi del restauro.

Sul sito web della Dottor Group s.p.a., azienda che ha gestito anche il restauro di Palazzo Grassi, si legge che «il restauro delle facciate di Palazzo Ducale e delle Prigioni Nuove prospicienti il Rio della Canonica e del Ponte dei Sospiri, interesseranno il paramento lapideo, la muratura in mattoni, le inferriate e gli intonaci». Si tratta dunque di un lavoro ambizioso quanto necessario, dal momento che nel settembre del 2007 un blocco di pietra d’Istria di 30 kg si era distaccato dalla facciata generando una minaccia all’incolumità dei passanti.

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Per reperire gli ingenti fondi promessi al comune – la Dottor Group si aggiudica il lavoro di restauro con la clausola che reperirà lei stessa la somma per coprire i lavori di restauro – la società trevigiana interpella Oliviero Toscani, specialista di campagne pubblicitarie fotografiche. Egli idea una campagna pubblicitaria intitolata “Cielo dei sospiri”, una serie di giganteschi pannelli che rivestono una parte consistente delle facciate di Palazzo Ducale.

Il Cielo dei sospiri, su cui vengono esposti i messaggi pubblicitari (Lancia, Enel, Sisley, Chopard, Bulgari) è una macchina aggressiva, non solo per le sue mastodontiche dimensioni e per i colori appariscenti, ma perché travisa il significato architettonico dell’edificio. Il Ponte dei Sospiri, che nella realtà collega Palazzo Ducale alle Prigioni Nuove, viene letteralmente sospeso in un involucro blu-windows e pertanto “oggettualizzato”. 

La novità risiede nel fatto che in questo caso non è riportato il disegno dell’edificio, come imporrebbe la normativa comunale. Chi oggi osserva il Ponte dei Sospiri, lo vede decontestualizzato, avulso dall’impianto architettonico di origine. Sarebbe stato meglio celarlo dietro i pannelli pubblicitari piuttosto che estrapolarlo barbaramente dal suo contesto. Si tratta infatti di un errore concettuale a cui avrebbero dovuto porre resistenza almeno il soprintendente per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Venezia, Renata Codello, e il direttore di Palazzo Ducale, Giandomenico Romanelli, che invece si schierano a favore della manovra. 

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Questo intervento mostra inoltre tutta l’aggressività di cui è innervata la macchina pubblicitaria. Se si osservano attentamente le impalcature, che al contempo servono all’esecuzione dei lavori di restauro e all’affissione del messaggi pubblicitari, si nota come esse siano assolutamente versatili rispetto all’oggetto che devono avvolgere. Esse apparentemente foderano l’edificio, ma una volta rivestite dalle superfici pubblicitarie, mascherano la realtà, fagocitano lo spazio pubblico. La semplicità del sistema permette la sua ripetizione, anche in situazioni complicate, come quella del Ponte dei Sospiri. A bene guardare il sistema pubblicitario potrebbe moltiplicarsi indistintamente e avanzare inarrestabilmente, sino ad arrivare a rivestire l’intera cortina di Riva degli Schiavoni.

Nonostante gli invadenti messaggi pubblicitari, i turisti transitano davanti al Ponte dei Sospiri ipnotizzati dalle grandi immagini che vengono imposte loro, visibili anche dalle navi da turismo che transitano pericolosamente nel bacino di San Marco. Ma sono del resto sollevati dalla possibilità di poter immortalare il ponte, la cui fotografia rappresenta un souvenir immancabile nel rientro dal viaggio. 

Venezia, sempre più, è destinata a essere il luogo della finzione.

Milano, 4 maggio 2010