Lunedì 17 maggio 2010 Guglielmo Bilancioni, Marco Biraghi, Andrea Pinotti e Franco Raggi discuteranno i temi trattati nel volume La base formale dell’architettura moderna di Peter Eisenman, pubblicato dalla casa editrice Pendragon nel 2009.
“Dopo tre mesi di viaggi in Europa sapevo esattamente cosa volevo scrivere: un lavoro analitico che riportasse quanto avevo imparato a vedere – da Palladio a Terragni, da Raffaello a Guido Reni – all’interno di una teoria dell’architettura moderna, ma dal punto di vista di una certa autonomia della forma. Di qui il titolo La base formale dell’architettura moderna”. Con questo scritto, elaborato nel 1963 a Cambridge come tesi di Ph.D, Peter Eisenman dà inizio al suo intento: “riuscire a separare il significante dal significato, per trovare questa architettura che corrisponda all’uomo di oggi”. Vuole unificare scrittura e differenza, “riappropriarsi dell’architettura nella purezza della sua essenza interna”. Eisenman fonde topologia e tipologia e si dedica alla ricerca degli aspetti fenomenali dell’architetura: Alea, diagramma e matrice, logica ortogonale e multiversum delle direzioni possibili, coincidenti devianti o ferme nella coesistenza, ma in ogni caso inquiete nella ricerca di se stesse.
Il volume si apre con un saggio di Pier Vittorio Aureli dal titolo Chi ha paura della forma? Origini e sviluppo del formalismo nel moderno e La base formale dell’architettura moderna di Peter Eisenman da cui è tratto lo stralcio che segue.
“La pubblicazione posticipata di The Formal Basic of Modern Architecture, la tesi di dottorato che Peter Eisenman ha scritto a Cambridge tra il 1961 e il 1963, pone un problema di interpretazione e di storicizzazione non indifferente. La domanda che è lecito porsi di fronte a una pubblicazione non postuma, bensì posticipata per più di quarant’anni è se dobbiamo leggere la tesi come avrebbe potuto essere letta se fosse stata pubblicata al tempo della sua scrittura, oppure se dobbiamo leggerla alla luce del percorso che Eisenman ha compiuto in questi quarant’anni. Probabilmente nè l’una nè l’altra sono utili in questa sede. Nelle riflessioni che seguono propongo di andare oltre queste due possibili letture, ponendo le basi formali di Eisenman in relazione a ciò che ancor prima di esse è stato teorizzato a proposito della forma. Questa scelta è motivata dalla constatazione che sul lavoro teorico di Eisenman interpretato nel contesto della cultura architettonica degli ultimi quarant’anni – ciò che, adeguandoci a un paradigma consolidato oltre le possibilità di scelte personali, possiamo succintamente descrivere come postmoderno – è stato scritto molto. Meno, invece, sembra essere stato scritto sul rapporto tra le tesi iniziali di Eisenman sulla possibilità di definire l’autonomia della forma e la tradizione moderna del formalismo che precede queste tesi. Scopo del saggio è verificare il nocciolo delle idee di Eisenman così come esse furono presentate nella sua tesi di dottorato; vale a dire la critica che egli implicitamente muove al paradigma consolidato della forma ovvero quello del “saper vedere”, cioè il primato della visione imposto dalla grande tradizione del formalismo del moderno. […] “
L’incontro si terrà presso la Facoltà di Architettura Civile del Politecnico di Milano, alle ore 16.00.