Da quando l’ATM nel 2008 ha lanciato la campagna di rinnovamento delle sue stazioni metropolitane, con «l’obiettivo di rendere gli spazi della metropolitana non più solo luoghi di passaggio, ma punti di riferimento per migliaia di persone», un’ambigua segnaletica troneggia in piazza San Babila a Milano. Al di sotto della tradizionale insegna che identifica l’accesso alla stazione metropolitana si trova infatti un’insegna dalle uguali proporzioni recante al suo interno il marchio di un negozio di elettrodomestici. In realtà, se si percorre il corrispettivo accesso ogni ambiguità viene sciolta: dopo aver disceso le scale non è più possibile accedere direttamente alla stazione metropolitana di San Babila, ma si è costretti prima di giungere ai tornelli della Metro a percorrere uno spazio commerciale.
I negozi sono sempre esistiti all’interno degli spazi della Metropolitana milanese ma sempre in modo indipendente dai suoi percorsi pubblici: posti lungo i corridoi, le rispettive vetrine ne segnavano il limite spaziale. Nessuna ambiguità quindi presuppone l’insegna di piazza San Babila perché, cancellato ogni limite, l’accesso alla metropolitana è ormai intimamente connesso con lo spazio commerciale, tanto che anch’esso oggi può essere utilizzato solo secondo dei precisi orari: dal lunedì al venerdì dalle 8.00 alle 20.30, il sabato dalle 9.00 alle 20.30 e la domenica dalle 10.00 alle 20.00.
Tale caratteristica è prassi in città come Tokyo, in cui sin dal 1926 le stazioni della metropolitana sono strettamente connesse con gli spazi commerciali, l’uno dipende dall’altro non solo spazialmente, ma strutturalmente. A Tokyo infatti le stazioni sono costruire e realizzate da compagnie private commerciali, che in tal modo non si garantiscono solo un’ampia fascia d’utenza, ma costituiscono l’essenza stessa, il nucleo vitale delle infrastrutture della città.
Diversamente a Milano qual è il senso di tale fusione spaziale, visto che l’ATM è una società per azioni detenuta in maggioranza dal Comune?