di Gabriella Lo Ricco
24 giugno 2010 – Nelle News di GizmoReview compare una segnalazione dal titolo «Sui numeri» in cui si rendono note, per sottolineare i numerosi cantieri aperti nella città, le cifre diffuse da Palazzo Marino delle gru presenti a Milano: «dopo quarant’anni di decrescita, Milano “entra in un nuovo ciclo”. Confermato anche dal numero dei cantieri: più di 3.500 nel capoluogo e 15.100 in provincia. Nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di interventi privati (4.700, contro 400 di iniziativa pubblica): gli edifici coinvolti sono 3.300, in costruzione o ristrutturazione, mentre 150 sono le opere destinate a un uso collettivo, come le scuole, box, teatri, musei, social housing e biblioteche.»
7 luglio 2010 – Nelle News di GizmoReview compare un’altra segnalazione dal titolo «Let’s play…», in cui si legge: «Votare affinché Milano rientri tra le 22 città che saranno rappresentate nella nuova versione del Monopoli […] che presto subirà un restyling. A lanciare l’appello – dopo il consiglio comunale, in assetto bipartisan – è il sindaco del capoluogo lombardo, Letizia Moratti, mobilitata per far sì che la nuova versione del gioco di società Monopoli riservi una casella al nome del capoluogo lombardo.».
Apparentemente nessun collegamento tra le due segnalazioni, tratte da due diverse testate giornalistiche.
Ma quando si legge il testo di Curzio Maltese intitolato «Milano, i nuovi oligarchi» e pubblicato nel 2007, si rimane sconcertati per la coincidenza di senso e di terminologie utilizzate:
«La città appare immateriale, avvolta in una nuvola di affari che portano altrove, alla City Londinese o a Pechino. Non si produce più nulla di concreto e la vecchia città fabbrica ha lasciato orbite nuove, crateri di buio e di fango. Ma se si sale all’ultimo piano del Pirellone la prospettiva cambia, la sensazione fisica è travolgente. Gru, gru e ancora gru, a perdita d’occhio. Una foresta, un esercito di giganti al lavoro. Un cantiere di sei milioni di metri quadrati – l’area delle vecchie fabbriche – , una ricostruzione da dopoguerra. Anzi, più che dopo i bombardamenti. Tutti, vecchi e nuovi si sono catapultati a mettere le mani sul corpo della città. L’intramontabile Ligresti si è preso la testa dell’ex Fiera; la Fiat, l’ex Om; gli americani del gruppo Hines, e visere commerciali tra Garibaldi e Isola, dove sorgerà la Città della moda; le cooperative e Bazoli di Banca Intesa, in società con EuroMilano, hanno occupato il cuore dellla Milano operaia, la Bovisa […]. La fetta più grossa, i polmoni a nord e a est, è finita nelle mani del più misterioso degli oligarchi, Luigi Zunino […] che, soltanto a Milano, ha avviato due progetti di città nella città con Renzo Piano e Norman Foster, l’ex area Falck e Santa Giulia, per due milioni e mezzo di metri cubi. Città ideali, con grattacieli trasparenti sospesi come palafitte su immensi parchi, case ipertecnologiche, sedi universitarie, centri congressi, vivai d’impresa, moderne agorà teatri, multisale, sistemi di trasporto e di riscaldamento a idrogeno: il Rinascimento prossimo venturo. “I più ambiziosi progetti urbanistici mai visti in Italia dal dopoguerra”, si vanta Zunino, e non esagera. Qualcosa al cui confronto Milano 2, il microcosmo fondante dell’ideologia berlusconiana appare come un modellino Lego.
È l’affare del secolo, il grande Monopoli.»
Ancor più interessante è l’intervista che Maltese rivolge a Zunino. Sebbene alcuni dei progetti in questione siano a distanza di 3 anni da quell’intervista in una fase di stallo, le parole dell’imprenditore piemontese aiutano a comprendere il punto di vista dei nuovi committenti che trasformano la città contemporanea e gli utenti a cui sono rivolti i loro investimenti. Alla domanda di Maltese che chiede il motivo per cui un milanese dovrebbe comprare, al prezzo di un appartamento in Montenapoleone, una casa a Sesto San Giovanni o vicino a Linate, Zunino infatti risponde:
«Perché vive meglio che in centro, fa un investimento e forse perché non è un milanese.
Sa qual è il vero problema di Milano?
Che attira soldi da cinque continenti ma non persone. Gli uomini d’affari vengono, concludono e scappano. Il 40 per cento degli appartamenti di Santa Giulia è già prenotato da businessman stranieri, inglesi, francesi, tedeschi americani, giapponesi, cinesi. Berlusconi vendeva sicurezza a una borghesia milanese spaventata dagli anni di piombo. Noi vendiamo un investimento e uno stile di vita ai manager internazionali.»
Milano, 7 settembre 2010