«I centri commerciali sono una via di fuga dal caos del “mondo reale”. Offrono un ambiente controllato, fisicamente e spiritualmente sicuro, per una quotidianità alternativa, in cui la gioia di scegliere non è inquinata dalla paura di sbagliare poichè sono rimaste solo scelte “razionali”: la convenienza di qualsiasi scelta è garantita in anticipo. Diversamente da quello “reale”, il mondo dei centri commerciali è libero da categorie sovrapposte, messaggi confusi e oscurità semiotica che sfociano in un’ambiguità di condotta. Nel centro commerciale, l’ambiente è posto sotto stretta sorveglianza (letterale e metaforica), ordinatamente diviso in sezioni tematiche, ognuna ridotta a simboli ben definiti, stereotipati e facili da leggere, ed è eliminato quasi ogni rischio di interpretazione ambigua (se c’è qualche sorta di ambivalenza, è stata pianificata, e la consapevolezza di questo la rende innocua e autenticamente piacevole). All’interno del centro commerciale gli esperti non offrono semplicemente una guida attraverso i misteri del mondo e un passaggio sicuro per aggirare le sue trappole. Gli esperti hanno creato questo mondo, e lo hanno fatto in accordo con un loro progetto assolutamente razionalizzato, che proprio per il fatto di essere pensato razionalmente non contiene misteri o trappole, e dunque pretende di essere migliore – più semplice, più sicuro, più trasparente – del mondo lasciato al di là dei muri spessi e delle porte elettroniche. Nel mondo creato dagli esperti, anche l’irrazionalità è stata colonizzata, tutto ciò che include irrazionalità è subordinato a un progetto razionale, e così la razionalità perde il suo lato militante. Anche le sorprese sono accuratamente programmate. L’eccitante esperienza di fare bagordi, lasciarsi andare, abbandonarsi alle stravaganze può essere assaporata in un contesto protetto. Persino la catastrofe è un concetto inserito in un gioco ingegnosamente organizzato dagli esperti, e condotto secondo regole che gli impediscono di sfuggire al controllo.
I centri commerciali non vendono solo merci. Vendono una quotidianità alternativa, in cui controllo e responsabilità si cedono agli esperti; e si cedono volontariamente e di buon grado, poichè questa rinuncia è ricompensata dal conforto di avere sempre ragione. Nei centri commerciali si commercializza e si testa sul mercato il progetto di una quotidianità pianificata da esperti.
I centri commerciali trasmettono anche un messaggio, seppure inconsapevolmente. Il messaggio comunica il crollo totale del sogno glorioso di un ordine perfetto e globale, controllato dalla ragione. Marx osservava che la storia ricorre due volte: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa. I centri commerciali rappresentano la nuova messinscena grottesca del dramma dell’Illuminismo. Offrono sì un mondo perfetto e gestito dalla ragione, in cui tutta l’ambivalenza esistente (o deliberatamente pianificata) è posta sotto attento controllo: ma questo mondo governato dalla ragione costituisce un ordine globale solo grazie ai muri spessi, impenetrabili e strettamente sorvegliati dai quali è circondato. L’utopia dei saggi si è ritirata nel mondo reale per rifugiarsi in un riparo sicuro dove non deve più temere il caos generato dal suo zelo ordinatore. Le spie elettroniche, gli allarmi antifurto e le strette entrate a bloccaggio automatico tagliano fuori quest’utopia miniaturizzata dal resto della quotidianità, abbandonata al suo caos apparentemente inestirpabile. I miracoli di armonia e perfezione vengono ormai offerti come intrattenimento, per lo svago e le gite domenicali della famiglia. Nessuno pensa che siano reali. Molti però concordano nel pensare che siano meglio della realtà. E tutti sanno che la realtà non sarà mai così».
[Zygmunt Bauman, Modernity and Ambivalence, 1991]