di Guglielmo Bilancioni
Reyner Banham nel 1965 scriveva in The Great Gizmo: per migliorare la situazione umana occorre impiegare piccoli attrezzi, potenti e di solito compatti. “L’uomo che ha cambiato la faccia dell’America aveva un gizmo, un gadget, un aggeggio o un arnese, in mano, nella tasca di dietro, ai lati della sella, alla cintura, nel rimorchio, attorno al collo, sulla testa, o dentro un silo rinforzato”. Gizmo era il fornello a gas, il cappello Stetson, il motore fuoribordo, il walkie- talkie, la bomboletta spray, e il rasoio elettrico senza fili. Oggetti piccoli e intelligenti, davvero utilissimi nelle situazioni difficili.
Gizmo, ora, è un sito internet di grande impatto culturale centrato sull’architettura contemporanea, condotto da Marco Biraghi, Silvia Micheli e Gabriella Lo Ricco: www.gizmoweb.org.
E’ in libreria l’annuario del sito, MMX (Zandonai, pagg.301, 26€). La sigla significa 2010, pur evocando acronimi diffusi fra gli architetti come S,M,L,XL o MVRDV, o SKNE. Il logo scelto è il bersaglio, target, degli arcieri. E’ una pacifica bomba al fosforo -luce improvvisa di intelligenza- gettata con garbo nello stagno paludoso custodito dai tromboni accademici, depositarî da sempre di inerzia e mediocrità, dediti a riprodurre l’inoperosità nel bandire le idee brillanti, i collegamenti che insegnano, le teorie, e, in fin dei conti, la cultura che dicono di trasmettere.
MMX mette in discussione una critica asservita alla merce, e le riviste nelle quali la grafica prevale su qualità inesistenti, ed evidenzia, invitando all’approfondimento, le parole-chiave del nostro tempo: ecologia, contesto, crisi, rendering, restyling, icona, idea, identità.
Il volume è suddiviso in Zone: aree all’interno delle quali vengono indicati e decriptati alcuni fenomeni, segnalati come emergenze sensibili: la città, l’architettura, la Zona Verde, la Teoria, la delicata e ormai fragile Zona Storia. Vi sono molti storici che, come diceva Canetti, “si occupano della Storia con l’intento di sottrarla all’umanità”.
Un Indice indagatore rimanda, come un link in ogni pagina, a tutte le altre pagine che hanno analogia con l’argomento indicato. E con un grande Pollice Alzato viene siglata la sezione “L’architettura che mi piace”©, dove molti studiosi uniscono gusto e giudizio e argomentano una loro predilezione.
Gli attivisti di Gizmo, con una veste elegante e idee combattive, varcano confini: quelli fra arte contemporanea e architettura contemporanea, fra idee e forme, fra moda e astrazione, fra storia e progetto. Sono veri Space Invaders, portatori addestrati, reagenti estetici e politici; sono i calmi agitatori di una critica militante, e anche divertente, e di una visione seria e riconoscibile dell’attualità. Il panorama dell’architettura, oggi, ne aveva proprio un grande bisogno. Se si accende questo libro-dispositivo si può sorridere e riflettere, e lo si può fare nello stesso momento, come quando ti viene presentata una pubblicità, che ricorda il glorioso Hara-kiri francese, di una sedia tubolare di acciaio con una presa USB (!!) per mantenerla calda.
Nell’editoriale di apertura, “Ciò che manca”, gli autori dicono quel che vogliono, dicendo con chiarezza che oggi “manca il coraggio di rompere gli schemi, la forza e il coraggio di prendere posizione, la capacità di sottoporre a critica il sistema dominante, onestà, integrità, agilità, intelligenza, sensibilità, interpretazione, immaginazione”. Grazie: moltissimi sono pronti a ricevere in dono un poco di tutto questo e a cercare il resto dentro di sé.
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[La presente recensione è stata pubblicata in «Mobydick», inserto di arti e cultura di «Liberal», sabato 29 gennaio 2011, p. 17]
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