[…] Compiuta espressione della felice combinazione di presupposti non tutti felici è una delle realizzazioni recenti di Eduardo Souto de Moura, lo Stadio municipale di Braga (2000-03). Parzialmente abbandonato il paradigma miesiano (o ricondotto alle sue radici profonde, essenziali, più che formali) e messa per il momento da parte anche la quasi totale sospensione dell’operatività architettonica che caratterizza i suoi molti recuperi di palazzi, conventi e semplici case, Souto realizza un edificio che ripropone inaspettatamente, in dimensioni possenti, il contrastante ma affascinante rapporto tra un luogo geografico (e nel caso in questione, addirittura geologico) e un oggetto artificiale contemporaneo. Composto da due sole tribune, poste l’una di fronte all’altra, tenute in tensione tra loro dal sistema di copertura, lo stadio di Braga è letteralmente scavato nel fianco di una montagna, il cui fronte rozzamente sezionato incombe sull’impianto con effetto drammatico. Un’ardua dialettica unisce-e-separa la possente rudezza della materia rocciosa, disomogenea e pluristratificata, e la finezza-finitezza della materia da costruzione, costituita da setti di cemento armato posti perpendicolarmente, snelliti da tagli circolari nella parte centrale che ricordano quelli analoghi dell’Assemblea nazionale di Dacca di Louis Kahn o dello Stadio Olimpico di Barcellona di Vittorio Gregotti (1985-89, con altri). Una macchina arguta, quella di Souto de Moura; o meglio piuttosto, uno “strumento ben temperato” che, come molta architettura del suo paese d’origine, sa eseguire senza arroganza ma al tempo stesso senza falsi pudori il compito al quale è chiamato, riuscendo così a trarre dall’epoca contemporanea i “suoni” migliori.
[da M. Biraghi, Storia dell’architettura contemporanea II. 1945-2008, Einaudi, Torino 2008, pp. 269-270]
29 marzo 2011