Enric Miralles, Benedetta Tagliabue, Nuovo Parlamento Scozzese, Edimburgo 2004

di Diego Terna

 

 

EMBT, Parlamento Scozzese, Edimburgo© Diego Terna

 

Verso la fine del millennio, Bruno Zevi scriveva che in tutta la storia dell’architettura italiana gli «autentici architetti-poeti […], creatori di linguaggi spaziali», sono sette (7!): Arnolfo di Cambio, Filippo Brunelleschi, Michelangiolo Buonarroti, Andrea Palladio, Baldassare Longhena, Francesco Borromini e Guarino Guarini. Non incluse, tra di altri, Giuseppe Terragni. L’architetto brianzolo, infatti, morì a 39 anni, quando cioè un architetto inizia ad acquisire una piena maturità artistica: nonostante i capolavori costruiti, dunque, Terragni non è riuscito a completare un percorso che permettesse di godere a pieno di un nuovo linguaggio spaziale. Si trova in effetti ad operare in un periodo nel quale, nonostante le commesse legate al fascismo, è possibile portare a compimento pochi dei progetti disegnati sulla carta; perde inoltre anni della sua carriera in guerra, risentendone psicologicamente anche al ritorno a casa.

 

Così, se nel 1943 l’Italia perde prematuramente il migliore dei suoi architetti, nel 2000, il migliore degli architetti spagnoli ha lasciato orfana l’architettura del suo paese. Il 3 Luglio, a 45 anni, Enric Miralles è morto mentre seguiva, con assiduità, molti lavori dello studio.

 

Al contrario di Terragni l’architetto spagnolo opera in un’epoca di boom edilizio, nel quale l’architettura diventa, per la Spagna, un elemento di riconoscibilità da esportare nel mondo, riuscendo così a far fronte a  numerose commesse: la sua morte, inoltre, non ha impedito allo studio, con a capo Benedetta Tagliabue, di portare a termine buona parte dei lavori in corso, seguendo molte delle indicazioni dello stesso Miralles. Tutto ciò gli ha permesso di dare vita ad un linguaggio architettonico compiuto, magari non completo, ma che è sicuramente risultato fecondo, viste le numerose influenze che si leggono nei progetti dei giovani architetti spagnoli contemporanei.

 

Un capolavoro che riesce a rendere chiaro l’apporto di Miralles all’architettura è il nuovo Parlamento Scozzese, inaugurato ad Edimburgo nel 2004.

 

 

EMBT, Parlamento Scozzese, Edimburgo ©Diego Terna

 

Pare di leggere, nelle forme tese dell’edificio, l’urgenza di un architetto che prova a scrivere un testamento con parole spaziali: è una foga che si sente non appena ci si avvicina al grande complesso, che rimane impressa nei sensi. Lo si coglie già dai disegni: a partire dal 1998, anno di vittoria del concorso, lo sviluppo del progetto porta ad un continuo sommarsi di complessità, una sorta di erosione al contrario, che aggiunge nuovi elementi mano a mano che passa il tempo. Si nota, qui, una densificazione del tratto, un accentramento delle complessità verso un punto fisico -la cavea del parlamento- che diventa metafora di un Paese che riesce a riportare nella propria terra le funzioni legislative, a convocarle in un luogo preciso; una densificazione di spazi che si presenta anche come volontà di un uomo che muore di lasciare una voce, un racconto in forma costruita, per rendersi centro di una inedita vicenda d’architettura.

 

Da qui nasce l’urgenza, l’urgenza di un popolo che vuole discutere del proprio futuro e di un architetto che lascia, qui, un testamento. Allora, vedere il nuovo Parlamento significa assistere ad un dialogo fra una terra orgogliosa ed un edificio-manifesto, che trova il punto di congiunzione nella discesa dell’Arthur’s Seat (un’alta collina di Edimburgo) verso il parco del Parlamento. La natura diventa qui costruito assumendo forma nelle  linee che, dal terreno, premono sull’edificio, fino ad alzarlo e a deformarlo.

 

 

EMBT, Parlamento Scozzese, Edimburgo©Diego Terna

 

 

Come barche rovesciate, come foglie stilizzate, gli edifici si distribuiscono in elementi di paesaggio naturale, che resiste nell’urbanizzazione della città, come se si fosse infiltrato negli interstizi. Poi, una volta innalzati verso l’alto, i muri paiono esplodere, trasformandosi, ancora, in una somma, apparentemente impazzita, di microcosmi: emblematica è la facciata degli uffici dei parlamentari, alla quale sono aggrappati i bovindi, uno per ogni stanza: ogni bovindo è leggermente diverso da un altro, come se chiedesse con forza una propria identità, riportandoci, ancora, alla richiesta di identità di un popolo e al bisogno di un persona, ultimo ed estremo, di lasciare il marchio della propria poesia. Non c’è sosta nell’edificio, non c’è un momento di pausa: ogni porzione architettonica sviluppa le peculiarità di un microuniverso, con caratteristiche spaziali proprie ma mai in contrasto con quelle di un’altra porzione. Come in un ipertesto, possiamo seguire il filo del discorso oppure provare il piacere di perderci nei rimandi, nei collegamenti, nelle citazioni.

 

 

Miralles ci ha lasciato, con il Parlamento Scozzese, l’alfabeto di un linguaggio architettonico, declinato in frasi poetiche e svolto come un lungo e complesso romanzo. Si è aggiunto così alla sparuta lista degli architetti creatori di linguaggi spaziali, aumentando il rimpianto di una perdita prematura.

 

 

 

EMBT, Parlamento Scozzese, Edimburgo ©Diego Ternaa

 

EMBT, Parlamento Scozzese, Edimburgo©Diego Terna

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