di Marco Biraghi
Provando a indagare “miti e realtà” dell’architettura d’inizio millennio, è proprio con quest’ultima che bisogna innanzitutto confrontarsi: la realtà. Centri commerciali, ma anche cinema multisala, terminal aeroportuali, stazioni ferroviarie, sono tutti edifici che eseguono il loro “compito” senza praticamente mai discostarsi dal piano della realtà che li ha generati.
Niente a che fare con l’adempimento delle vecchie funzioni: e non soltanto perché sembra ormai essere venuta meno qualsiasi relazione tra la funzione e la forma, com’era negli auspici della migliore architettura moderna e nella prassi del più deteriore funzionalismo, ma anche perché in tali edifici non vi è più nulla che assomigli neppure lontanamente alle funzioni “chiare e distinte” della tradizione illuminista (Basilica, Teatro, Palazzo del Sovrano, Palazzo di Giustizia, Colosseo, Biblioteca, Cenotafio, secondo le apodittiche denominazioni di Etienne-Louis Boullée, ma anche Museo, Scuola, Ospedale, cui “modernamente” potrebbero aggiungersi Fabbrica, Cinema, Hotel, ecc.).
Anzi: quanto più imprecisi (variegati, molteplici) sono i compiti eseguiti dalla nuova categoria di edifici, e tanto più questi dimostrano il loro completo asservimento alla realtà. Detto in altri termini: quanto più contengono di tutto, quanto più offrono di tutto – quanto più insomma sono tutto -, e tanto più divengono essi stessi “pezzi” di realtà: non semplici “riproduttori” in scala della realtà, bensì dispositivi di produzione della realtà, in cui la realtà può dispiegarsi in tutta la sua attualità – può essere reale.
È proprio nei centri commerciali, infatti, così come nei cinema multisala, nei terminal degli aeroporti, nelle stazioni ferroviarie e in altri edifici consimili, che i mondi “ipotetici” della pubblicità, dell’immaginazione, della finzione, si fanno esperienza concreta, che la loro “realtà virtuale” si realizza.
E poco importa che non sempre tali mondi rappresentino la loro vocazione dominante: la forza di persuasione della realtà – per quanto inconsistente e simulata questa possa sembrare (ed essere) – si manifesta con tanta più intensità quanto maggiore è l’intreccio degli ambiti dei quali essa si compone. In questo senso, non vi è nulla che risulti più persuasivo – ovvero più realmente efficace – delle immagini pubblicitarie proiettate sugli schermi televisivi che si insinuano tra i binari ferroviari; o dei negozi duty-free mescolati ai gate degli aeroporti; o di qualsiasi cosa sia acquistabile (cibi, giochi, gadget, ecc.) in prossimità delle casse di un multisala; o ancora, della “natura artificiale” sotto le volte ad aria condizionata di uno shopping centre.
Al di fuori della “giurisdizione” delle tradizionali funzioni, delle funzioni “chiare e distinte”, delle funzioni “mono-uso”, la realtà risulta potenziata, come un neurone multipolare a contatto con numerosi altri neuroni. Le “realtà”, insomma, si certificano reciprocamente, sostenendosi l’un l’altra, come in un castello di carte. E sembra non avere alcun rilievo, sotto questo profilo, che si tratti di poco più che di mere parvenze.
[continua…]
1 marzo 2011