L’attualità di John Portman, architetto e developer
di Silvia Micheli
24.05.2011
«John Portman è un ibrido; è un architetto e un developer, due ruoli in uno. Ciò spiega il suo tremendo potere: la combinazione fa di lui un mito. Ciò significa, teoricamente, che ogni idea che lui ha può essere realizzata, che può far soldi con la sua architettura, e che i ruoli dell’architetto e del developer possono per sempre alimentarsi reciprocamente. Nei primi anni Settanta, per una professione affamata di potere, questa sintesi sembrava rivoluzionaria, come un faustiano contratto auto-amministrato.»
[Rem Koolhaas]
Quella di John Portman, architetto e imprenditore al medesimo tempo, è una storia professionale tutta americana nei presupposti ma immediatamente divenuta paradigmatica, e oggi di assoluta attualità, il cui interesse travalica i confini geografici e temporali.
John Portman (1924) consegue il Bachelor of Architecture degree presso il Georgia Institute of Technology nel 1950 e, durante gli anni di studio, lavora part-time presso un ufficio di Atlanta consociato con lo studio di architettura newyorkese Ketchum, Gina and Sharp, specializzato nella progettazione di edifici commerciali. Successivamente svolge l’apprendistato obbligatorio presso lo studio Steven & Wilkinson ad Atlanta dove, nel 1953, apre un piccolo studio di architettura.
L’avventura di Portman nel mondo del Real Estate inizia proprio agli esordi della sua carriera come architetto, quando collabora con una piccola società immobiliare locale per la costruzione di un edificio terziario. L’edificio viene apprezzato a livello architettonico ma rappresenta un fallimento sotto il profilo economico. Ecco che Portman decide di fondare una società di Real Estate personalmente. Ha inizio così quell’inarrestabile ascesa, tutta americana, che porterà al successo della Portman Holdings (http://www.portmanholdings.com/) – precedentemente Portman Properties – e della John Portman and Associates (http://www.portmanusa.com/index.html). «Portman ha imparato a pensare il real estate architettonicamente, e l’architettura imprenditorialmente» . Secondo Portman, l’architettura e il Real Estate non devono essere considerati antagonisti. Nella maggiori occasioni progettuali Portman è programmaticamente investitore e al contempo architetto, per disporre di quella libertà decisionale e gestionale del progetto, attraverso l’alterazione della figura canonica del “committente”, sovente troppo conservatrice e incapace di immaginare l’efficacia di nuove soluzioni architettoniche.
Nel 1956, Portman decide di unire il suo studio a quello ben avviato di H. Griffith Edwards, professore di Portman all’università. Lo studio, che inizialmente si chiama Edwards and Portman, nel 1969 diventerà John Portman & Associates, dopo il pensionamento di Edwards.
Il primo risultato di questa collaborazione è l’Atlanta Merchandise Mart (1959-61), un assoluto successo imprenditoriale di cui Portman è l’artefice. L’edificio è al contempo il primo tassello del Peachtree Center (1959-86), simbolo della clamorosa ascesa e affermazione di Portman architetto/imprenditore ad Atlanta. Per l’occasione Portman diventa infatti partner di uno dei più importanti investitori degli Stati Uniti, Trammell Crow, coinvolto dall’architetto di Atlanta anche nei progetti per l’Embarcadero Center di San Francisco (1966-81) e per il Merchandise Mart di Bruxelles (1975).
Il progetto è un ambizioso intervento urbano che mira a costruire una “città nella città”, secondo la nuova concezione progettuale definita da Portman stesso “Unità coordinata”, ossia l’offerta di un’alternativa alla dipendenza della città dall’automobile. Nel 1960 Portman aveva visitato Brasilia, curioso di esaminare le nuove costruzioni della città, ma era tornato deluso dalla mancanza di attenzione verso la scala umana e di possibili risposte alle necessità della società contemporanea.
Il progetto per il Peachtree Center sembra trovare il suo modello urbanistico-architettonico e imprenditoriale nel Rockfeller Center di New York (1927-38), considerato come caso paradigmatico di “Real Estate” – a differenza dell’Empire State building che si pone come vicenda esemplare di “General Contractors”.
Ciò che avvicina maggiormente il progetto complessivo del Peachtree Center al Rockfeller Center è la strategia dello “step-by-step development”, secondo la quale il progetto consiste in una previsione a lungo termine e gli edifici vengono costruiti solamente dopo lo stanziamento del debito finanziamento. In entrambi gli interventi il concetto di bellezza è asservito alla logica del “profitto” senza implicare una indifferenza nei confronti del tema compositivo, al contrario gli architetti elaborano delle soluzioni “di invenzione” per rendere appetibili gli immobili agli investitori. Infine il Peachtree Center, come il Rockfeller Center, si pone come “city within the city”, la cui dimensione compatta è garantita dalla presenza di strade interne al complesso e da un sistema di ponti aerei e passaggi sotterranei i quali connettono gli edifici. Se nel caso del Rockfeller Center il sistema di ponti aerei era una previsione, quasi una provocazione che incarnava i sogni della collettività, al Peachtree Center è possibile entrare in una hall a sud del complesso e uscire all’aria aperta all’altro capo.
Dal punto di vista architettonico, gli edifici di Portman sono concepiti tenendo conto anche delle richieste del mercato, che per l’architetto non costituiscono intralcio bensì occasioni progettuali a tutti gli effetti. Questa attenzione è evidente nel disegno di alberghi di lusso, grazie ai quali Portman è conosciuto in tutto il mondo. Nel caso della costruzione di hotel, Portman si domanda cosa significhi costruire un hotel nel centro di una città come Atlanta. Cercando di soddisfare sia le necessità imprenditoriali degli investitori, che le richieste del pubblico (allo stesso tempo cliente), Portman progetta quello che verrà poi riconosciuto come un modello: lo Hyatt Regency hotel di Atlanta (1963-67).
«Non volevo che l’hotel fosse un altro accumulo di camere da letto. – spiega Portman – Il tipico hotel del centro città sono sempre stati una cosa compressa con un entrata stretta, una lobby cupa e monotona per la registrazione, gli ascensori stretti in un angolo, una cabina chiusa, un corridoio illuminato debolmente, una qualunque porta di uscita, una stanza d’albergo con un letto, una sedia e un buco sulla parete esterna. Questo era l’albergo del centro città. Io volevo fare qualcosa di completamente opposto. Volevo esplodere l’hotel; aprirlo; creare uno spazio grandioso, come un resort, nel centro della città».
Lo spazio grandioso di cui Portman parla è definito attraverso l’impiego della tipologia dell’atrio, che Portman interpreta ribaltandone il concetto. Come ha notato Rem Koolhaas nel suo scritto su Atlanta, Portman ripensa l’atrio come dispositivo architettonico finalizzato a immettere aria e luce naturali nell’edificio in un sistema atto a ricreare un ambiente artificiale. Nelle mani di Portman, l’atrio a tutt’altezza diventa un dispositivo architettonico che introietta lo spazio naturale, e con esso la luce, negli angusti hotel di Atlanta. L’edificio subisce una mutazione: da luogo di transito è trasformato in spazio collettivo, di incontro, dove la hall del piano terra è da considerarsi a tutti gli effetti una piazza “semi-pubblica”. Quel deprimente corridoio «illuminato debolmente» diventa un gradevole balcone che affaccia sul grande spazio centrale, abbondantemente illuminato dalla copertura traslucida. Il suo sviluppo sull’intero perimetro dell’atrio e la sua ripetizione per il numero di piani previsti fa dell’edificio un innovativo sistema urbano verticale. Gli ascensori, liberati dalle mura, come cellule spaziali viaggiano ininterrottamente tra la hall e la sommità dell’edificio, dove è collocato un ristorante rotante che permette di catturare con uno sguardo la città. Sostare all’interno dell’atrio di uno degli hotel di Portman significa esperire un luogo ameno, dove non manca la vegetazione e, in alcuni casi, l’acqua. Si pensi al Peachtree Plaza Hotel (1976), dove la hall è trasformata in una enorme vasca di acqua fresca e cristallina, sulla quale “galleggiano” dei gusci rivestiti di fastosi velluti, dove poter comodamente sorseggiare un drink. Portman ricrea un idilliaco ambiente naturale in contrasto con la giungla metropolitana esterna.
Nel 1976 John Portman, con l’ausilio di Jonathan Barnett, pubblica The architect as developer. Il libro, che tratteggia la gloriosa biografia dell’architetto, è al tempo stesso un interessante manifesto dell’esperienza di Portman come architetto e imprenditore. Se Portman argomenta il concetto di “Architettura come arte sociale”, spiegando il ruolo dell’acqua, l’uso dei colori, la centralità dell’essere umano nello spazio, è Barnett che si occupa di descrivere le strategie operative di Real Estate che determinano il progetto e come l’architettura giochi un ruolo fondamentale in questo processo. In tal senso i contenuti della pubblicazione, che nel corso del tempo è andata esaurendosi, rappresentano una lezione ancora oggi valida per chi crede nell’efficacia dell’architetto come developer e permettono di comprendere alcune dinamiche attuali alla base delle grandi trasformazioni urbane che stanno trasformando lo skyline delle città italiane, con circa quarant’anni di ritardo rispetto a quelle americane, in molti casi emulandone, maldestramente, l’esempio.
Già negli anni ’80 il prototipo di hotel ideato da John Portman ha conquistato il mercato del settore alberghiero di lusso. L’america ha recepito con entusiasmo la sua lezione e Portman desidera espandere l’impero imprenditoriale che si è costruito nel ventennio precedente. Portman è tra i primi imprenditori, e architetti, che comprende il cambiamento epocale che è in atto in Cina. Da pochi anni Mao era scomparso e il suo successore Deng Xiao Ping inaugurava una nuova stagione di apertura all’Occidente anche attraverso la programmazione di grandi trasformazioni urbane. Portman partiva alla volta di Shanghai, dove apriva la succursale del suo studio e avviava una seconda e gloriosa stagione costruttiva, che perdura sino a oggi.
27 maggio 2011