Daniele Pisani
L’architettura è un gesto
Ludwig Wittgenstein architetto
Pubblicato il Tractatus logico-philosophicus (1921), con il quale è convinto «d’aver definitivamente risolto nell’essenziale i problemi» della filosofia, Ludwig Wittgenstein si dedica all’insegnamento alle elementari e, conclusasi traumaticamente tale esperienza, lavora come giardiniere in un convento. È in questo momento – l’estate del 1926 – che la sorella Margaret lo coinvolge nella progettazione della sua casa d’abitazione a Vienna. Wittgenstein interviene per offrire una semplice consulenza all’architetto incaricato, l’amico Paul Engelmann; ben presto inizia però a imprimere la propria impronta al progetto, sino ad appropriarsene del tutto. Per due anni, Wittgenstein vi si dedicherà interamente; e solo a casa ultimata, nel 1929, farà ritorno a Cambridge e all’insegnamento della filosofia.
A partire dagli anni settanta, la casa è stata oggetto di più di un’analisi. Quando non sia stata sottoposta a miopi letture disciplinari, è tuttavia stata interpretata come un puro epifenomeno della filosofia del suo autore. Si tratta dunque di evitare entrambi gli eccessi sottoponendo ad analisi la casa in primo luogo nella sua configurazione architettonica, senza tuttavia isolarla arbitrariamente dal percorso intellettuale del filosofo. Egli stesso evoca una “somiglianza di famiglia” fra filosofia e architettura allorché scrive «quando costruiamo case, parliamo e scriviamo», ma tale affinità – come si vede dalle ingenuità che spesso costellano i tentativi di filosofare da parte degli architetti – non significa intercambiabilità. Si tratta, in ultima analisi, di decidere se il filosofo si sia rivelato all’altezza di tale sfida.
2011
Quodlibet Studio. Città e paesaggio
ISBN 9788874623587
pp. 262
23 giugno 2011