di Marco Biraghi
Ieri ho visto in faccia il futuro dell’architettura italiana. Facce normali, abbronzate, spaesate, annoiate; facce di ragazze e ragazzi (soprattutto ragazze) che mitemente, in modo quasi rassegnato, si sono sottoposti al test d’ingresso per iscriversi a una delle scuole di architettura italiane. Non tutti entreranno. Alcuni verranno scartati, vittime del meccanismo del “numero chiuso”. Ma molti altri passeranno, e inizieranno a frequentare i corsi. Conseguiranno la laurea triennale, poi quella magistrale, faranno l’esame di stato. Diventeranno architetti. E finalmente si confronteranno con la possibilità di esercitare la professione per la quale ieri per la prima volta hanno incominciato a lottare.
Difficile dire chi ce la farà. Ma di certo qualcuno ce la farà. E per chi ce la farà, sarà un percorso lungo e difficile, indubbiamente faticoso. Per questo, forse, avevano tutti un’aria così stanca.
8 settembre 2011