di Alessandro Benetti
Salone del Mobile 2012, Padiglione 1.
La folla dei visitatori si riversa ogni mattina all’interno del padiglione. Lo percorre metodicamente, in lungo e in largo, seguendo la griglia rigidamente ortogonale che definisce gli isolati affollati di spazi espositivi. I gesti si ripetono secondo un codice preciso: ingresso allo stand, richiesta d’informazioni generali in reception, appropriazione furtiva dei gadgets in omaggio, uscita frettolosa in direzione del espositore seguente. Il ritmo è incalzante, il rituale è replicato senza soluzione di continuità.
La possibilità di sottrarsi a questa frenesia dall’andamento ciclico è sottomessa ad un’unica condizione: effettuare un acquisto. O meglio, un ordine, possibilmente di un certo peso, diciamo qualche migliaio di euro. Il cliente, il più delle volte sfinito dalla fatica fisica e stordito dalla loquacità di circostanza dei venditori, è allora invitato ad accomodarsi al piano di sopra. Qui potrà aspettare la stampa dell’ordine e, nel frattempo, approfittare dell’offerta di snacks e bevande servite con solerzia dal barman di turno.–
L’accesso alla “terrazza”, di cui molti espositori si dotano, è un momento fondamentale della visita al Salone. Innanzitutto perché l’ammissione a questo spazio è il riconoscimento di un cambiamento di status sociale dell’interessato: il semplice visitatore è diventato cliente, ossia è stato registrato negli archivi informatici dell’azienda come contatto privilegiato. Egli è ora “in lista” e può accedere al “privé” sopraelevato dal quale sarebbe altrimenti escluso.
L’esperienza di ascesa verso la terrazza riserva non poche sorprese sul piano sensoriale e, per questo motivo, vale la pena di analizzarne i diversi momenti. Come anticipato, il punto di partenza è l’interno dello stand: avvolti nella semi-oscurità, che si vuole d’atmosfera, si è bersagliati da una molteplicità d’impulsi a livello visuale (l’abbondanza di oggetti in esposizione), uditivo (l’insistenza del personale e il cicalio degli altri visitatori) e tattile (tastando la merce per verificarne la qualità o urtando gli altri visitatori). La frequenza e l’intensità di tali stimoli diminuiscono progressivamente percorrendo la rampa che conduce al livello superiore, dove l’atmosfera è di tutt’altro stampo. In compagnia di pochi altri privilegiati e di qualche venditore svogliato che temporeggia in pausa pranzo, il cliente si concede finalmente un momento di relax. Il frastuono continuo del piano terra è solo un ricordo: al contrario, un silenzio ovattato e quasi innaturale amplifica la sensazione di lontananza fisica dal fulcro della contrattazione, che pure si trova solo tre metri più in basso. Di fronte ad un calice di champagne, accompagnato da qualche pasticcino, il fortunato acquirente si lascia avvolgere da un’inaspettata sensazione di piacere.
Milano 30 aprile 2012