di Anna De Rose
Nel documento d’inquadramento delle politiche urbanistiche enfaticamente titolato Ricostruire la Grande Milano si legge:
«la finalità urbanistica di ricostruire la Grande Milano è perseguibile a condizione che:
1) si ampli il mercato urbano;
2) si realizzi un nuovo modello di organizzazione spaziale;
3) si realizzi un miglioramento della qualità ambientale e urbana.» [1]–
A lavori ultimati, sembra oggi possibile mettere in relazione questa dichiarazione d’intenti con la nuova sede del gruppo Unicredit firmata César Pelli.
Lo sforzo compiuto dall’amministrazione milanese per incoraggiare l’iniziativa imprenditoriale in campo immobiliare è testimoniato dall’ingente numero di cantieri che hanno rivoluzionato lo skyline cittadino.
Il nuovo «modello di organizzazione spaziale» [2] adottato è stato definito “T rovesciata”: sviluppato da sud-est a nord-ovest esso deve «garantire un’efficiente relazione tra la città e il sistema aeroportuale e mettere in gioco nuove aree di maggior dimensione, di miglior accessibilità e di prezzi più competitivi di quelli delle aree centrali». [3]
Il nuovo headquarter di Unicredit si trova proprio all’intersezione degli assi strategici individuati dal piano, a fianco della stazione Garibaldi, oggi sede della linea dell’alta velocità. E’ evidente che radunare le varie sedi amministrative nel nuovo complesso di edifici costituisce per Unicredit, oltre che una scelta di carattere rappresentativo, uno strategico risparmio in termini di affitto, manutenzione, spostamento dei dipendenti etc.
La disposizione planimetrica degli edifici tenta di interpretare architettonicamente la posizione di fulcro che il progetto viene ad assumere all’interno del masterplan dell’intera area di Garibaldi, Isola e Varesine: i tre edifici di altezza crescente concludono l’asse determinato dai nuovi interventi su Viale della Liberazione avvolgendosi attorno a una piazza centrale rialzata 6 metri rispetto alla quota stradale; l’inviluppo culmina nell’inutile antenna spiraliforme che rende la torre maggiore del complesso la più alta d’Italia.
Solo concedendo all’iniziativa imprenditoriale ampio raggio d’azione (e di profitto!) l’amministrazione comunale può costruire la tronfia immagine della nuova “Grande Milano”, attraverso architetture dal generico sapore internazionale, «specchio fedele della sfarzosa spersonalizzazione con cui il capitalismo mondiale richiede di essere rappresentato». [4]
Resta da chiedersi cosa ottenga la cittadinanza in termini di «qualità ambientale e urbana». [5]
Del complesso di Pelli impressiona proprio la carenza qualitativa che investe tanto la progettazione delle torri quanto l’organizzazione dello spazio pubblico centrale.
Il tema della sostenibilità ambientale, su cui tanto insistono le brochure pubblicitarie, si concretizza nel mero raggiungimento del punteggio sufficiente all’ottenimento della certificazione LEED; a tal fine il riutilizzo dell’acqua di falda per gli impianti di climatizzazione e il posizionamento di pannelli solari in copertura del portico centrale sono misure più che sufficienti.–
Il progetto del podio rialzato, invece, mette in atto pratiche coercitive che evidenziano una tendenziosa interpretazione di cosa debba essere una piazza: lo spazio centrale ospita un’enorme vasca d’acqua e i pedoni sono convogliati ai margini di essa, all’ombra del ring porticato dove sono presenti gli esercizi commerciali. Lo specchio d’acqua è interrotto solo da due passaggi pedonali radiali e da tre fori che permetteranno l’uscita delle esalazioni dei parcheggi sottostanti, presenti ai piani inferiori. Al piano terra trovano spazio negozi e bar e, al piano -1, il supermarket.
L’aspetto meno convincente della nuova Grande Milano è proprio la scarsa qualità urbana degli spazi a uso pubblico. E’ difficile immaginare che possano svolgersi le più comuni pratiche sociali in uno spazio circolare così introverso e carente persino dell’elemento che più caratterizza una piazza: il suolo calpestabile.
[1] Ricostruire la Grande Milano. Documento di Inquadramento delle politiche urbanistiche comunali, Milano, Giugno 2000, pag.14.
[2] Ibidem.
[3]Ivi pag. 15.
[4] Marco Biraghi, Storia dell’architettura contemporanea II, Einaudi, Torino 2008, pag. 368.
[5] Ricostruire la Grande Milano, cit., pag.14.
Milano, 18 dicembre 2012