di Brunella Angeli
Il paesaggio storico e morfologico del territorio emiliano entra con dichiarata intensità nel progetto della sede principale di Max Mara a Reggio Emilia, completata nel 2004 dallo studio John McAslan&partners e con il progetto paesaggistico dello studio di Peter Walker.
La grande estensione degli spazi verdi – 45.000 metri quadri – che circonda e protegge l’edificio, è un naturale legame con l’intorno e determina un habitat interno del tutto rarefatto, estraniato dall’inquinamento acustico e visivo e dai ritmi frenetici che il fiancheggiamento dell’autostrada A1 e del tracciato dell’alta velocità potrebbero determinare.
Le esigenze funzionali della tipologia classica – palazzine per uffici e magazzini di stoccaggio, oltre allo showroom per le sfilate e a una grande mensa aziendale – vengono smontate, asciugate e ricomposte alla luce di alcuni principi generali, in particolare la logica dei percorsi, reali e visivi, che incide i tre volumi a corte degli uffici, attraversandoli. Questa modella il piano di calpestio, realizzando successioni di patii alberati e di ampie logge, luoghi contemporaneamente coperti e scoperti, interni ma anche di connessione esterna. Sorprende l’accuratezza delle scelte visuali che caratterizzano gli spazi – lunghi filari di pioppi che si connettono ortogonalmente con solitari passaggi d’acqua – e che sono determinate da una conoscenza specifica dei caratteri geografici, materiali, architettonici dell’area.
La costruzione dei fronti fa ricorso a un disegno omogeneo quanto discreto di pannelli prefabbricati rivestiti in mattone faccia a vista, alternato a grandi vetrate che anche in inverno consentono la percezione diretta della natura intorno e dentro l’edificio, assecondando una lettura del costruito quale tessuto scenografico ma non spettacolare. Allo stesso modo la pavimentazione dei percorsi esterni entra negli spazi comuni degli interni, nella duplice azione di filtro tra paesaggio e costruito, e aiutando a separare le funzioni accessorie dagli spazi serviti. Ciò permette agli spazi interni di avere una caratterizzazione più intima in cui la domesticità a piccola scala diventa preziosa nel rituale quotidiano del lavoro.
Milano, 18 dicembre 2012