di Gabriella Lo Ricco
L’altro ieri lo «Spiegel» ha pubblicato un articolo inerente la Gefahrengebiet, letteralmente “la zona di pericolo” di Amburgo, in cui veniva riportato l’elenco degli oggetti confiscati dalla polizia. Nel corso di circa 1000 perquisizioni sono stati confiscati: 9 petardi, tre bastoni, bombolette spray al peperoncino, due repellenti per animali, un coltello da tasca, un sacchetto di plastica, un secchio di plastica, una tenda e un numero imprecisato di spazzole per toilette.
A fronte della perimetrazione di una vastissima area della città al cui interno non è possibile sostare, circolare liberamente senza essere soggetti a perquisizioni, o scattare fotografie, si rimane stupiti dal carattere pressoché innocuo degli oggetti confiscati.
Tale contraddizione cela sicuramente il forte clima di tensione alimentato negli ultimi mesi da un consistente flusso di immigrati irregolari che si è sommato a coloro che raggiungono costantemente il principale porto commerciale della Germania e che trovano spesso asilo proprio all’interno del perimetro di quella che è stata definita la zona di pericolo. Ma in realtà tale contraddizione è solo il sintomo di un disagio ben più profondo, innescato oltre 15 anni fa da una serie di dinamiche di trasformazione della città di Amburgo, e che è caratterizzato dallo scontro tra idee di città profondamente diverse.
La “zona di pericolo” di Amburgo corrisponde con il distretto urbano di St. Pauli. Si tratta di uno dei quartieri più poveri della Germania occidentale il cui 50% dei residenti non ha passaporto tedesco.
Dal 2003 la politica di sviluppo della città, al fine di rivitalizzare il distretto di St. Pauli, di attrarre persone qualificate e investimenti e di promuoverne la crescita economica, si è orientata verso la vendita di numerosi edifici che caratterizzano questa zona della città e che necessitano di interventi di ristrutturazione.
La mancanza del ruolo regolatore dell’amministrazione locale ha avuto però come effetto la realizzazione di una serie di interventi in cui gli investitori privati hanno privilegiato la realizzazione di uffici, hotel e residenze di lusso. In tal modo gli affitti all’interno del distretto di St.Pauli sono aumentati di circa il 30%; il prezzo di acquisto degli uffici ha superato quello degli uffici posti al centro di Amburgo; mentre numerosi residenti di St. Pauli sono sempre più spesso sfrattati dalle loro abitazioni poichè collocate in edifici che vengono dichiarati dai nuovi proprietari pericolanti per essere in tal modo demoliti e sostituiti con interventi più redditizi.
In quest’ottica, la recente costruzione delle “Tanzende Türme”, le cosiddette “torri danzanti”, ma anche la realizzazione del vicino quartiere Hafencity, salutato come illustre esempio di intervento di riqualificazione urbanistica pensato secondo un’ottica ecosostenibile, e la prossima apertura dell’Helbphilharmonie Concert Hall sono interventi che hanno assecondano e accentuano i processi di gentrificazione in atto nel distretto di St. Pauli.
Gli abitanti del distretto urbano di St. Pauli portano avanti da 20 anni una articolata campagna di sensibilizzazione volta a favorire interventi di pubblica utilità e contro la speculazione privata.
Tra i risultati raggiunti vi è la realizzazione nel 2005 del Park Fiction, un parco pubblico a ridosso del porto ideato attraverso un processo di progettazione partecipata avviata nel 1994 e guidata dall’artista Christoph Schäfer e dal regista Margit Czenki. Presentato a Kassel a Documenta11 nel 2002, e non a caso rinominato lo scorso anno Gezi Park, Park Fiction occupa lo spazio precedentemente previsto per un edificio per abitazioni e mette in forma i desideri dei suoi utenti.
Anche nel 2009 le manifestazioni degli abitanti di St. Pauli hanno ottenuto risultati positivi: la revoca della demolizione del complesso abitativo Esso Häuser. In tale occasione è stata elaborata una campagna fotografica che ritraeva gli abitanti del complesso abitativo e ne rappresentava le realtà, la composizione sociale ma soprattutto le aspirazioni.
Lo slogan che appare all’interno delle immagini che raffigurano le manifestazioni all’interno della “zona di pericolo”, “Recht auf Stadt”, letteralmente “Diritto alla Città”, esprime in modo preciso il legittimo desiderio che accomuna gli abitanti della “zona di pericolo”di Amburgo: non essere esclusi dalla costruzione della loro città in base al reddito.
Milano, 1 febbraio 2014