di Gabriella Lo Ricco
La posizione assunta da Shigeru Ban all’interno del panorama architettonico contemporaneo è interessante perché duplice: da un lato una posizione critica nei confronti della produzione architettonica e dei meccanismi che la regolano – specchio fedele dell’ambiente culturale nel quale siamo immersi –, e dall’altro una posizione autocritica, dal momento che l’architetto giapponese vede anche se stesso immerso in tale realtà. Questa duplicità ha dei precisi riflessi nel suo modo di rapportarsi alla committenza, nella scelta dei suoi interlocutori e nelle caratteristiche architettoniche e costruttive della sua opera, che mettono “in forma” l’atteggiamento critico del loro autore.
Non a caso, le affermazioni rilasciate da Shigeru Ban in occasione del recente conferimento del Pritzker Prize 2014 suscitano alcune riflessioni relative alla natura del prestigioso premio internazionale e dei legami che esso intrattiene con la società che lo sponsorizza, la Global Hyatt Corporation.
Sulle pagine del «New York Times» si legge: «I’m trying to understand the meaning of this encouragement. It’s not the award for achievement. I have not made a great achievement». In una dichiarazione per «Le Monde» Ban ha affermato: «J’ai pensé que cette distinction arrivait trop tôt pour moi. A la différence de ceux qui ont déjà obtenu le Prix, auteurs de grandes réalisations, je l’ai non pas perçu comme la reconnaissance d’un accomplissement professionnel, mais plutôt comme une manière de m’encourager. […] Je dois faire attention. Devenir célèbre peut être dangereux. Je dois continuer d’écouter les gens. Et continuer à apprendre».
Le affermazioni di Ban sono assolutamente centrate. In effetti il Pritzker Prize, da quando è stato istituito nel 1979, non ha mai svolto un ruolo di “incoraggiamento” ma è sempre stato conferito ad architetti che con le loro opere avevano già raggiunto una solida reputazione. Tale scelta ben si addice alle strategie imprenditoriali della Global Hyatt Corporation. Si tratta di una società di alberghi di lusso che, in concomitanza con l’istituzione del Pritzker Prize, ha avviato un’intensa campagna di ampliamento dei propri mercati. Ciò l’ha condotta – nel corso degli ultimi trent’anni – alla realizzazione di circa 750 alberghi di lusso in oltre cinquanta paesi del mondo.
Questa campagna d’espansione ha comportato per la Global Hyatt Corporation la necessità di trascendere i confini geografici americani, raggiungere intese con interlocutori sempre nuovi e diversi, calcolare forze e intenzioni di possibili oppositori, infrangere le barriere di abitudini e culture differenti. Se interpretate all’interno di un contesto legato al turismo globale di lusso, molte delle peculiarità che contraddistinguono il Pritzker Prize – rispetto ad altre premiazioni internazionali di architettura – assumono un ben preciso senso che è lungi dall’avere rapporti con questioni di ordine architettonico.
Basti pensare alla valenza delle cerimonie di attribuzione del premio. Svolte ogni anno in paesi del mondo diversi, per una compagnia interessata ad ampliare il proprio raggio d’azione, tali cerimonie divengono ogni anno occasione d’incontro e conoscenza di rappresentanti delle istituzioni locali, di un selezionato pubblico di possibili utenti, di una ristretta cerchia di potenziali progettisti, di giornalisti e critici di architettura.
Anche la modalità di raccolta delle nomine degli architetti partecipanti alla selezione è indicativa di una modalità di lettura e d’interpretazione del reale che ben si attaglia a una compagnia legata al turismo globale e che è quindi interessata a conoscere “in tempo reale” la corrispondenza di determinate architetture rispetto alle diverse esigenze dei committenti e degli utenti. A differenza del RIBA Gold Medal o dell’AIA Gold Medal, ad esempio, premiazioni promosse da associazioni di architettura governative e nazionali che si basano sulle segnalazioni effettuate dai rispettivi Istituti d’architettura, il Pritzker Prize viene assegnato in base a nomine “aperte”, ossia provenienti non soltanto dagli addetti ai lavori (progettisti, critici e storici dell’architettura) ma anche da imprenditori e funzionari governativi.
Come s’inserisce in questo scenario la premiazione di Shigeru Ban? Un architetto la cui opera e le cui scelte professionali vogliono mantenersi programmaticamente a un’abissale distanza dal mondo del potere e dalle logiche della “società dello spettacolo”? Un architetto che nelle sue interviste, parlando di “incoraggiamento” professionale, mette giustamente in luce la piega che tale premiazione ha assunto nel corso degli anni?
Se si indaga un po’ più approfonditamente sulle ultime acquisizioni della Global Hyatt Corporation si scopre che nel 2012 essa ha istituito la Hyatt Thrive, una piattaforma globale di responsabilità sociale volta a favorire programmi di alfabetizzazione e di avanzamento di carriera per le comunità locali che lavorano per la società nei paesi in via di sviluppo in cui la questa costruisce i propri alberghi di lusso, ma anche impegnata nella realizzazione di strutture alberghiere a basso impatto ambientale, nel controllo contro lo sfruttamento del lavoro minorile, nonché nei programmi di sensibilizzazione allo sviluppo del benessere e al miglioramento delle condizioni sociali delle popolazioni locali. La neonata Hyatt Thrive è quindi pensata come una sorta di cuneo che – conflitti di interesse a parte – protegge la delicata complessità dei paesi in cui la compagnia compie i propri investimenti, contro la forza impetuosa degli interessi economici della stessa compagnia.
Chiaramente tutto ciò non sminuisce il valore dell’opera di Shigeru Ban, che peraltro è ben conscio della necessità di dovere «continuer d’écouter les gens. Et continuer à apprendre». Semmai è utile per comprendere quali siano le logiche che sottendono alle premiazioni del Pritzker Prize; le quali, forse, proprio a partire da quest’anno muteranno, se la scelta di Shigeru Ban può essere considerata l’atto inaugurale – all’interno del mercato del turismo globale – di una nuova strategia d’azione della Global Hyatt Corporation basata, come si legge nelle comunicazioni ufficiali della Hyatt Thrive, sulla promozione di «azioni commerciali responsabili».
Milano, 10 aprile 2014