Nelle scorse settimane Gizmo ha segnalato una manifestazione di dissenso verificatasi nell’ambito della mostra che raccoglieva gli esiti del workshop “Progetti per Milano. Idee per la città dalla ridestinazione delle caserme e delle aree militari”, organizzato dalla Scuola di Architettura Civile del Politecnico di Milano presso il Campus Bovisa (24 febbraio – 7 marzo 2014).
Sebbene in forma anonima, mediante semplici post-it appiccicati sulle tavole progettuali o sopra i plastici – e dunque secondo una modalità che non prevedeva un confronto dialettico democratico – la protesta lasciava intuire il sussistere di un malcontento da parte degli estensori dei post-it, nei confronti in particolar modo di alcuni progetti ritenuti stanchi e già visti, troppo “allineati” a un’idea di architettura e di città ormai invecchiata, e perciò sorpassata.
L’azione di protesta è stata poi rivendicata da un gruppo di persone che ha tuttavia ritenuto di dover continuare a mantenere l’anonimato, mascherandosi dietro una serie di ironici pseudonimi (Kem Roolhaas, Pio Gonti, Zino Cucchi). Le stesse persone – rivelatesi infine studenti – hanno in seguito organizzato un incontro pubblico per discutere delle problematiche emerse dalla loro azione e proseguito con altre iniziative meno provocatorie, sempre riferite alla questione dell’insegnamento e della ricerca.
L’azione dei post-it – per toni e per contenuti espressi – non ha superato di molto il livello della provocazione goliardica o, al più, dello sfogo studentesco contro le inadempienze dell’università. Tuttavia, a volte i gesti dimostrativi indicano un problema, anche se nella gran parte dei casi sono ben lungi dal riuscire a risolverli.
Il problema indicato dalla protesta va ben oltre i suoi esiti, e per molti versi anche al di là delle sue stesse intenzioni. Segnala l’incapacità di molti progetti (e di molti professori di progettazione) di mettersi in una relazione effettiva con le mutazioni che la realtà contemporanea ha subìto e subisce; trincerandosi dietro segni progettuali ampiamente sperimentati a partire dagli anni sessanta – e divenuti nel frattempo ormai convenzionali – tanto gli uni che gli altri ritengono di porsi al riparo da tali mutazioni, mantenendosi all’interno del cerchio protettivo di una formula ritenuta palesemente “magica”, e in conseguenza di ciò ossessivamente ripetuta. Ma non si tratta – con tutta evidenza – di un problema di “stile” o di “forme”. Ciò che è piuttosto in questione è un’idea di città e di società.
Nella città prefigurata da alcuni dei progetti presentati alla mostra (nella gran parte dei casi, proprio quelli bersagliati dai post-it) non vi è traccia della crisi economica in atto, né degli effetti che questa ha avuto e sta avendo sul mercato del lavoro, e di riflesso sui rapporti sociali; né vi è traccia di possibili alternative al modello di società al momento vigente, se non per un illusorio e del tutto astratto “principio speranza” di riduzione dell’occupazione del suolo, non supportato peraltro da alcuna ipotesi di superamento delle condizioni di mercato attuali.
Il problema sollevato da uno sparuto gruppo di studenti della Bovisa – al di là della correttezza o meno delle forma in cui si è manifestata la loro protesta – è dunque reale e di portata niente affatto “locale”; è un problema che costringe a (ri)mettere in discussione, in senso ben più generale, il valore di un atteggiamento progettuale che può pensare di prescindere da un’analisi attenta e aggiornata dei “dati” presenti sul campo reale di un certo contesto fisico e di un certo momento storico; un modo di pensare l’architettura come qualcosa di immobile nel tempo, oltreché nello spazio, che trova spesso ancora rifugio nelle università italiane. Un problema che non si può certo risolvere a colpi di post-it, ma neppure negandone ciecamente l’esistenza. Un problema infine che coinvolge sin nei suoi fondamenti il modo di pensare e di insegnare la progettazione dell’architettura, che merita di essere dibattuto nelle sedi e nelle forme più consone, come Gizmo si è sempre sforzato di fare in passato, e come si propone di continuare a fare in futuro.
GIZMO
14 aprile 2014