5. Immagine dell’ordinata complessità della Strada, ontofania delle sue “possibili” forme è Hauptweg und Nebenwege di Paul Klee (1929). Qui le diverse vie, le diverse Strade “(la cui origine comune è rigorosamente inesprimibile) appaiono, lungo tutte le direzioni dello spazio, in risonanze diverse, a seconda di quale – o di quale insieme di esse – di volta in volta, si voglia seguire e ‘misurare’, o di come le si voglia misurare” (M. Cacciari, Icone della legge, 1985). Arduo, per non dire impossibile, sarebbe dirimere, districare questo fitto tessuo di Strade, distinguere una Strada dall’altra, individuare con certezza la Strada principale (Hauptweg) e quelle secondarie (Nebenwege).
Ma non è questo “il problema” della Strada. Che nella sua multiforme soggettività la Strada possa essere via via ponte, porta, sentiero, labirinto, piazza e altro ancora, e ciò nondimeno continuare a essere Strada, questo è il suo problema – o meglio, l’indistricabile aporia in cui è racchiusa la sua essenza. A-poros, letteralmente, senza passaggio, senza via, impraticabile, inaccessibile è dunque la via che conduce alla Strada. Questa profonda inaccessibilità della Strada spiega tra l’altro la difficoltà di mostrare la Strada “in sé”, di affermarne la forma nuda: poiché laddove cerchiamo Strada, troviamo sempre soltanto “altre” Cose, “altre” Forme. Ma in ciò è anche la suprema aspirazione della Strada, a non lasciarsi ridurre a semplice “mezzo” in vista di un fine. La Strada, anzi, vorrebbe annullare ogni fine: vorrebbe “camminare” all’infinito, lasciarsi alle spalle tutte le possibili mete, e ciò nonostante “camminare” ancora infinitamente. Le Strade insomma vogliono “vivere”. “Quando un’opera è compiuta, esse non si soffermano su di essa. Poiché non si soffermano su di essa non scompaiono” (Tao Tê Ching). Vivere, non scomparire – questa è la Virtù segreta della Strada.
[1987]