di Sandra Maglio
“Le paysage c’est l’endroit où le ciel et la terre se touchent”
Michel Corajoud
Lo spazio pubblico progettato dall’Atelier Corajoud lungo la rive gauche a Bordeaux risente proprio della poeticità di questa affermazione. La ridefinizione del waterfront lungo la Garonne è costituita da un sistema eterogeneo fatto di acqua, ombre, luci, colori e materiali diversi che rileggono l’intero sistema ponendosi come elemento di ricucitura tra entità e realtà differenti.
Come il gesto di un pittore che dipinge accuratamente la sua tela così il paesaggista francese studia ed elabora, fin nei minimi dettagli, quello che è diventato oggi il cuore della città francese, luogo d’incontro e spazio pubblico per eccellenza della città. Passeggiando sul lungofiume bordolese si alternano sequenze cromatiche, spazialità ed essenze contrastanti che caratterizzano un diverso rapporto tra la città storica retrostante e il corso del fiume. Qui, in questa lunga promenade architecturale, prendono vita le relazioni pubbliche e i grandi eventi: è qui che si ritrova Bordeaux, la sua gente e la sua anima.
“Quali sono i requisiti che consentono a uno spazio generico di trasformarsi in spazio di relazione?”[1]
Il lembo di terra che abbraccia la sponda sinistra della Garonna, nell’antico Port de la Lune, è sempre stato, fin dalle sue origini, il luogo dello scambio e delle relazioni, tra terra e acqua, pietra e sistema fluviale, attività industriali, commerciali e città storica, tra artificio e natura antropizzata.
Patrimonio dell’UNESCO dal 2007, il quartiere del Porto Vecchio è scandito dall’alternarsi cadenzato di edifici neoclassici e piazze calcaree tra cui l’imponente Place de la Bourse emblema e simbolo di prosperità della città a partire dal 1794.
Alla fine del ventesimo secolo la necessità di modernizzare gli impianti portuali ha causato lo spostamento delle attività commerciali a valle, verso Bassens e Verdon-sur-Mer, e questo ha determinato un sostanziale abbandono dell’area industriale e il sopravvento di parcheggi a cielo aperto.
Negli ultimi vent’anni la municipalità ha deciso di rilanciare la città attraverso importanti operazioni urbanistiche, in modo da ridare nuova linfa a Bordeaux. Tra i molteplici interventi rinasce così l’area del lungofiume, con il suo waterfront, luogo privilegiato per la collettività e la socializzazione. L’intento dei progettisti è stato quello di disegnare i quais jardinès come una sorta di ‘terza natura’, elemento mediatore tra sistema antropico e sistema naturale fluviale.
Lo spazio pubblico che Michel Corajoud, è riuscito a realizzare (in seguito alla dismissione nel secondo dopoguerra del porto industriale) è diventato oggi emblema della città, luogo di ritrovo, spazio privilegiato per i grandi eventi e per lo svago, nuovo cuore pulsante di Bordeaux.
Nel XIV secolo l’area era uno dei maggiori porti commerciali per l’esportazione del vino; nel Settecento diventò il principale polo coloniale francese per i commerci con le Americhe; successivamente ha subito numerose modificazioni diventando in un primo tempo sistema industriale per il raffinamento della canna da zucchero e la lavorazione del pesce, e in seguito elemento di cesura tra la città e il fiume nel 1927.
Ciò che ha spinto quindi la città a rinnovarsi è la volontà di ritrovare quelle relazioni che nel corso del tempo si erano perdute, in seguito alla totale dismissione delle attività mercantili e industriali che, delocalizzate in periferia, avevano lasciato spazio ad un paesaggio industriale dismesso, fatto di vuoti e di friches.[2] L’obiettivo è stato quello di ridefinire un nuovo sistema urbano che rispondesse alle esigenze della città e contribuisse alla costruzione di una nuova identità.
Ricostruendo i legami spaziali e funzionali che si erano persi, si è arrivati alla definizione di un lungofiume urbano, i “quais jardinés” fatti di “acqua, ombre e luci”, con attività legate al tempo libero, alla socializzazione, aree di sosta e sistemi vegetali.Come afferma Corajoud: “Per trasferire sui quais le emozioni prodotte dalla luminosità delle belle combinazioni della città minerale, bisogna accogliere la luce con un’altra materialità, creare altre forme di coperture, altre verticali, altre aperture, altre colonnate, in sintesi altre textures. Per questo abbiamo scelto di trasformare i quais in giardini, nel senso letterale, di impiegare i metodi del giardinaggio per la sistemazione di questo spazio pubblico. In questo modo lo spazio dei quais rimarrà per sempre una interfaccia particolare, un terzo stato delle cose fra natura (natura della riva sud, natura del fiume) e città sedimentata rappresentata dalle facciate minerali.” [3]
L’articolato progetto di Corajoud si basa sul principio delle lanières -letteralmente strisce di paesaggio – che disegnano molteplici sequenze spaziali rappresentanti il differente rapporto tra le identità dei quartieri e il fiume. Le lanières costituiscono, per più di quattro chilometri, un ambito di rispetto costante che consente la valorizzazione delle facciate storiche attraverso una sequenza ritmata e ripetuta.
Il lungofiume è caratterizzato dalla presenza di mobilità diverse che suddividono i flussi in aree pedonali, aree ciclabili, controviali carrabili, piattaforme tramviarie e sistemi di alberature che suddividono in fasce lo spazio.Le alberature diventano quinte teatrali naturali che aprono visuali, scenari e scorci differenti, caratterizzati da una percezione variabile del paesaggio secondo intervalli spaziali, temporali e stagionali. Si alternano interventi urbani a interventi paesaggistici: mercati temporanei, eventi culturali e competizioni sportive si intervallano a giardini pubblici, aree di sosta e vasche d’acqua.
Il fulcro dell’intero sistema è costituito dal Miroir d’eau: realizzato tra il molo della Douane e Place de la Bourse è un ampio spazio pavimentato che si apre al fiume in un’affascinante interrelazione visuale tra la città e l’acqua. L’antica Dogana e la Borsa marittima diventano un’immensa scena teatrale che abbraccia la piazza valorizzata da una scenografica illuminazione notturna.
Il progetto, ispirato al fenomeno naturale dell’acqua alta di Piazza San Marco a Venezia, è uno spazio urbano poliedrico, coniugabile secondo tre diversi declinazioni che si succedono periodicamente, segnando il passare del tempo: miroir d’eau (specchio d’acqua), brouillard (nebbia) e place sèche (piazza asciutta). È qui che il grande specchio d’acqua, a intervalli regolari di circa mezz’ora, regala suggestioni e temporalità insolite diventando spazio ludico e sistema di mitigazione nelle giornate estive; la volontà è quella di rievocare l’immagine storica del paesaggio fluviale della Garonna che, precedentemente alla costruzione del porto, scorreva molto più vicino alle facciate riflettendone l’immagine.
Sullo specchio d’acqua, grazie ad un elaborato sistema idraulico, si susseguono giochi d’acqua e di luce: è qui che giovani e anziani, bambini e famiglie, bordolesi e turisti si incontrano, in quello che è tornato ad essere il punto di riferimento della città. Il processo di rigenerazione ha reso così possibile la riappropriazione di un’identità forte legata alle grandi potenzialità intrinseche del lungofiume di Bordeaux, che erano state a lungo dimenticate.
Ciò che rende il nuovo waterfront della città francese uno spazio pubblico di successo è la sua capacità di essere un luogo versatile, capace di avere al tempo stesso una propria connotazione estetica, spaziale e identitaria ben riconoscibile ma studiato in modo tale da essere in grado di rigenerarsi ogni volta, a seconda delle necessità e della varietà dei modi d’uso.
[1] R. Spagnolo, Introduzione in Città e spazio pubblico, di A. Di Franco, Libreria Clup, 2005
[2] Gilles Clément , Manifesto del terzo paesaggio, Quodlibet 2005
Dalle teorie del paesaggista francese Gilles Clement, il termine friches sta ad indicare quelle “aree abbandonate dall’uomo”, spazi incolti, dismessi o in disuso che insieme agli spazi residuali (dèlaissè) delle città, costituiscono territoriferitili per un nuovo sviluppo ed elementi di rifugio per la biodiversità.
[3]Ariella Masboungi (a cura di), Grand Prix de l’urbanisme 2003. Michel Corajoud et cinq grandes figures de l’urbanisme, DGUHC, Paris 2003, pag. 40.
26 giugno 2014