Quanto segue è una delle proposte selezionate nel contesto del concorso “Ciò che manca” indetto da Gizmo lo scorso maggio. Ai partecipanti è stato chiesto di rispondere al quesito “cosa manca nelle nostre città?” attraverso qualunque tipo di forma comunicativa, formulando soprattutto un’idea.
Lanterne per lucciole
di Laura Tinti e Matteo Paiano
Questo testo introduce i temi più rilevanti legati a un progetto per lo spazio pubblico e si conclude con una proposta di intervento. Qui si racconta la storia di una comunità insediata in una porzione molto ridotta di una città italiana, Marghera e, nell’atto di raccontare un minuscolo pezzo di realtà, si tenta di rivelare quante variabili, equilibri, criticità e personaggi entrano in gioco.
L’ obiettivo è condurre il lettore, con l’ausilio supporto teorico e un esempio del possibile nuovo scenario a confrontarsi con una realtà diffusa in tutto il territorio italiano: la prostituzione di strada. Dapprima, con la descrizione dello Status quo, si analizzano le questioni materiali; successivamente, con il Nuovo scenario, si ragiona su una sua possibile evoluzione, proponendo uno scenario diverso, tuttavia non utopico né fiabesco.
Il progetto è senza committenti e finanziatori, ma è nato e procede per colmare un vuoto palpabile, per essere un omaggio a una comunità nascosta, continuamente minacciata e completamente indifesa, composta da giovani donne vittime della tratta di esseri umani: vessata dai clienti, rifiutata dai residenti; desiderabile per i primi, indesiderabile per tutti gli altri.
Il sentimento di paura che suscitano questi soggetti nasce dalla struttura e dai meccanismi che uniscono tra loro i protagonisti quasi sempre stranieri (sfruttatori, prostitute faccendieri) delle attività legate alla prostituzione: essi sono per i membri della società ordinaria poco comprensibili e generano sia curiosità che timore; i loro spostamenti sono frequenti, rapidi e imprevedibili. “Temiamo ciò che non sappiamo gestire. Chiamiamo incomprensione tale incapacità: comprendere qualora è infatti il saper fare che consente di affrontare quella cosa. …Di regola tale conoscenza giunge posteriori: essa risiede, si può dire prima di tutto negli strumenti, e solo successivamente si stabilisce nella mente attraverso la riflessione degli effetti del loro utilizzo. In assenza degli strumenti e delle prassi che essi rendono possibili, difficilmente compare tale conoscenza o comprensione. La comprensione nasce dalla capacità di gestire. Ciò che non siamo in grado di gestire ci è ignoto, e l’ignoto fa paura. La paura è un altro nome che diamo al nostro essere senza difese […].
Si può affermare che, in aggiunta ai fattori precedentemente indicati, si è verificata, in anni recenti una discontinuità che ha reso visibile la forza spaventosa di quella che possiamo dobbiamo definire la sfera dell’ignoto, dell’incomprensibile, dell’ingestibile: finora questa fatidica novità è stata indicata con il termine di globalizzazione.” 1
Nel territorio dello stato italiano l’esercizio della prostituzione non costituisce reato ma non è regolamentato in alcun modo, ovvero si può dire che in materia esiste un vuoto normativo: questo stato di cose sussiste senza considerevoli cambi di scenario dall’anno in cui fu approvato il testo di legge proposto da Lina Merlin, (n°75/1958) senatrice veneta socialista, con cui fu stabilita la chiusura dei bordelli (case chiuse o di tolleranza) in Italia, e fu persa l’unica disciplina positiva in materia. Pur essendo discutibili, le condizioni in cui il bordelli erano gestiti, di fatto costituendo un ghetto per il presente della persona che si prostituiva (“la pensionante”) e uno stigma sociale indelebile sulla sua vita futura, dopo l’abrogazione le istituzioni non provvidero in alcun modo a compensare il vuoto di legge. 2
Trascorsi questi cinquantasette anni di silenzio, si può affermare che sia venuta meno nella coscienza sociale la consapevolezza della necessità di regolamentare il mercato della prostituzione. Il vuoto normativo viene compensato con l’emissione di ordinanze comunali, che cercano di ridurre lo spazio occupato in città dal mercato della prostituzione, con provvedimenti che perseguono comportamenti contro l’ordine pubblico o la decenza.
Il documento redatto nell’anno 2009 dal gruppo di ricercatori dell’ANCI e riferito alle ordinanze più frequenti in tutti i Comuni italiani, riporta: “Il tema maggiormente regolato (16%) è il divieto di prostituzione in aree pubbliche. Si tratta spesso di interventi volti a sanzionare non tanto la contrattazione di prestazioni sessuali a pagamento, attualmente non prevista come reato dall’ordinamento italiano, quanto piuttosto le attività connesse alla stessa: l’intralcio alla circolazione veicolare urbana o comportamenti e/o abbigliamento che manifestano l’intenzione di adescamento. L’ordinanza è volta a contrastare anche l’insicurezza, in particolare di donne e bambini, che si trovano a transitare nelle zone interessate dal fenomeno, poiché quest’ultimo limita la fruibilità del territorio comunale”.3 In questo modo il mercato del sesso a pagamento si è evoluto in maniera autonoma, parallelamente alla legge, e si articola oggi in prostituzione di strada (outdoor) mista in strada e in appartamento, ed esclusiva in appartamento, (indoor), o night club. Naturalmente la prostituzione outdoor è quella più economica, mentre quella esclusiva in appartamento è la più costosa e garantisce un maggior livello di privacy ai clienti. I reati legati alla prostituzione sono lo sfruttamento, ovvero le attività mirate a procurarsi una fonte di lucro dalla prostituzione altrui (art 534 c.p.) e il favoreggiamento, inteso come qualunque attività che agevola la prostituzione altrui (introdotto dalla legge Merlin).
Il caso specifico della Regione Veneto e del comune di Venezia Mestre è davvero notevole, infatti secondo le stime del osservatorio Persac (dati del 2004/5) la provincia di Venezia Mestre è quella con il numero maggiore di prostituzione outdoor, con 800 presenze registrate, seguita nell’ordine decrescente da Padova (350), Vicenza (350), Verona e altre (200). 4 I dati aggiornati al dicembre 2014 sulla prostituzione in strada (nella sola area di Marghera) riportano 20 presenze nella fascia pomeridiana e 49 in notturna. Il fenomeno della prostituzione su strada (detto outdoor o prostituzione visibile) nell’area di Venezia Centro storico è a detta degli operatori del comune del Servizio antitratta, pari a zero: la prostituzione outdoor a Venezia centro storico è invisibile.
Naturalmente la prostituzione a Venezia esiste.
I dati ottenuti dal Servizio di monitoraggio condotto dall’Ufficio operativo antitratta del Comune sono, a detta degli stessi operatori, fluttuanti e non affidabili, in quanto le informazioni su età, provenienza e identità, ottenute tramite il colloquio telefonico con i soggetti intervistati, non sono attendibili. Infatti la prostituzione indoor è stata sondata nell’unico modo possibile, ovvero tramite contatto telefonico. Sulla base dei 126 contattati tramite telefono, 85 sono donne, 35 transessuali, e 2 uomini e solo un intervistato ha dichiarato di ricevere in casa a nel centro storico di Venezia, a Castello, nella zona dell’Arsenale: una ragazza che dichiara di avere 21 anni, di essere brasiliana, e di chiedere 100 euro a prestazione. 5 I numeri della prostituzione outdoor invece sono molto più precisi sulle presenze, sull’età media, sulla provenienza: la media annuale delle presenze su strada registrata dagli operatori del Comune di Venezia è di 24 presenze notturne in terraferma, in un range che va da un minimo di 24 a un massimo di 75, nelle zone di Marghera Malcontenta, Terraglio, San Giuliano. 6 La zona in cui è la presenza è maggiore è il viale Fratelli Bandiera a Marghera, al confine tra la zona residenziale e quella industriale; il rettilineo del viale è un confine fisico e sociale, al di là del quale è possibile per i clienti contrattare la prestazione senza essere multati, come invece è previsto in molte aree del centro a Mestre, in seguito alle ordinanze comunali.
Nel viale si trovano un minimo di 20 ragazze, la maggior parte bulgare di etnia rom, di età media di 29 anni, arrivate in Italia dal 2007 quando la Bulgaria è entrata a far parte dell’Unione europea. La prostituzione su strada è localizzata da diversi anni in Viale fratelli Bandiera, ma dopo le proteste feroci dei residenti del centro a Mestre nel 2009, le presenze sono aumentate.7
Il 2009 è infatti l’anno di emissione dell’ordinanza Comunale n° 2010/2009 che elencava 117 strade del comune in cui era proibito ai clienti di fermarsi, pena la sanzione di cui sopra; “era stata concepita dalle forze dell’ordine, con un silenzio-assenso dei servizi, per far fronte all’emergenza Terraglio (quando i numeri erano molto alti). Ovviamente si aggiunse anche Via Fratelli Bandiera e tante altre zone limitrofe. Ad eccezione di Via dell’Elettricità, su cui si ipotizzava la “zona di prostituzione”. 8 Questo è il compromesso raggiunto tra residenti che dimostrano un basso livello di tolleranza, nei confronti di chi esercita la prostituzione nel loro quartiere e le amministrazioni comunali: se il cliente che adesca le prostitute in certe vie del centro o della periferia può essere multato con una sanzione fino a 500 euro, il mercato si ferma e perde denaro, perciò tutto si sposta in periferia nelle zone dichiarate con ordinanza come non luoghi o spazi off limits o aree Zoning, così indicate nel documento del Progetto per la riduzione complessiva del fenomeno della prostituzione, stilato nel 2001. Così di fatto l’ordinanza non viene applicata, o meglio è applicata a discrezione delle forze di polizia locale. In queste zone vige un patto tacito di tolleranza reciproca, tra i protagonisti del traffico e forze di polizia: il traffico legato alla prostituzione si concentra in periferia, dove è meno visibile, e la densità di residenti è minore (molti dei residenti in zona sono legati alle prostitute), e le forze dell’ordine evitano le retate e si limitano a intervenire solo in caso di aggressione.
Le politiche sulla prostituzione in Europa variano in ogni territorio nazionale, per esemplificare si riportano le due posizioni agli antipodi: la politica Abolizionista Svedese e quella Neo-regolamentista olandese: l’atteggiamento normativo italiano si può descrivere come assente o ambiguo; infatti l’attività di prostituzione non costituisce reato, ma non esiste una legislazione nazionale che regolamenti l’attività.
La posizione dello stato svedese, per esempio, mira alla estirpazione del fenomeno (ma sarebbe più opportuno chiamarlo mercato), perché considera immorale e inaccettabile, all’interno del proprio tessuto sociale, l’attività prostitutiva. Il gruppo ROKS per esempio è riuscito a promuovere una campagna per il movimento di opinione abolizionista che ha portato all’approvazione della legge 408/1998. Il report che analizza gli effetti di dieci anni di questa politica, riporta una diminuzione della prostituzione di strada del 50%, e del traffico di esseri umani, ma anche l’aumento esponenziale della prostituzione nei paesi confinanti, Danimarca. Il dato incluso nello stesso documento Ufficiale del Governo Svedese, indica come dal 1999 al 2009 il numero delle donne che si prostituiscono in Danimarca è passato da 2000 a 7800.
Nella realtà italiana, il commercio del sesso prosegue senza un provvedimento legale di nessun tipo, e il mercato rimane totalmente sommerso, continua ad essere un bacino di ricchezze per la criminalità organizzata, che guadagna prima dalla tratta di esseri umani, e poi dallo sfruttamento vero e proprio della attività prostituiva.9
NUOVO SCENARIO.
Uno spazio per la prostituzione di strada
Lo spazio disegnato per alleviare una situazione di stress come quella della vita sulla strada non può non tenere conto di fattori quali il benessere, la tattilità, le sensazioni dell’utilizzatore. Il NUOVO SCENARIO proposto ha l’intento di intervenire non sugli esiti di un evento imprevedibile come una catastrofe naturale, ma in uno scenario quotidiano tragico e ormai cronicizzato.
Ma chi usufruisce di questa installazione?
Si è già fatto presente nell’introduzione come si tratti di un progetto senza committenti o finanziatori, non un progetto architettonico in senso stretto; non nato dalla volontà di instaurare un centro funzionale o destinare una particolare area ad una funzione imposta dall’alto: l’inserimento dell’elemento asseconda un realtà radicata e diffusa sul territorio.
Allo stato attuale il mercato della prostituzione è presente con modalità codificate in tutte le periferie italiane, in condizioni degradanti, sia per chi è coinvolto in prima persona e per chi lo è indirettamente, lo stato di cose è perciò migliorabile e sicuramente non funzionale.
Tramite l’inserimento nello spazio pubblico di un dispositivo mobile realizzato con materiali facilmente reperibili e economici è possibile produrre un effetto concreto non solo sullo scenario ma sugli individui che lo popolano; influenzare positivamente la sensazione di abbandono di chi vive sulla strada; mutare l’aspetto complessivo del viale, a favore dei residenti, e degli stessi clienti, sottolineare la presenza delle prostitute assegnando loro uno spazio, benché mobile, temporaneo, significa infatti riconoscerne l’esistenza, e interrogarsi sul loro ruolo e i loro diritti di esseri umani.
La creazione di uno scenario alternativo a quello presente fa si che entrino in gioco, oltre la questione spaziale, il fattore del tempo (scenario futuro) e il confronto con altri attori; ma ciò che conta di più agli occhi di chi scrive è lo stato di urgenza e la condizione fisica di chi è sprovvisto di un luogo assegnato, fuori contesto, senza appigli.
“L’ architettura (l’architetto, l’artista), interpreti nell’abitatore, in ogni abitatore il personaggio: faccia case da essere vissute da uomini vivi.” Per esaminare più da vicino questa realtà, si è scelto come concetto chiave la gestione dello spazio: considerando di volta in volta sia il punto di vista personale di alcuni soggetti coinvolti quando possibile, o politiche di raggio d’azione nazionali ed europee. E le domande da porsi nella scelta di una politica nazionale sono per esempio, quanto spazio dedicare alla prostituzione, per quali motivazioni, in che modo assegnarlo? Oppure negare spazio alla prostituzione: per quali motivazioni, come negarlo? Per quanto sia condivisibile la posizione di chi proponga l’abolizione della prostituzione come obbiettivo di lunga data, occorre ammettere che la prostituzione però esiste ed è un mercato molto redditizio; quali soggetti sono coinvolti nella prostituzione? Dove si posizionano?
Sul piano della piccola scala, i soggetti come i residenti difendono il proprio spazio dalle conseguenze più o meno dirette della presenza della prostituzione nel loro quartiere, gli amministratori locali compensano con l’emissione di ordinanze che regolano l’ordine pubblico, il vuoto normativo, i parlamentari, tacciono, nel frattempo la tratta e il mercato della prostituzione funzionano indisturbati.
La prostituzione è un mercato mobile, fluttuante e pieno di imprevisti, con cui fare i conti e diversi attori in gioco. Lo spazio che le istituzioni negano, diviene oggetto di appropriazione da parte della criminalità mentre i residenti difendono fisicamente il confine tra il proprio spazio privato e la strada; tra i due contendenti ci sono le vittime della tratta, pedine passive. La volontà manifestata dalle istituzioni locali di eliminare la prostituzione sul territorio si concretizza solo nella migrazione dei clienti verso lo spazio in cui la prostituzione viene considerata “accettabile”. Ovvero la scomparsa della prostituzione da un quartiere si traduce il più delle volte in uno spostamento verso una zona più periferica.
La tutela attiva o la presa di coscienza dell’esistenza di questo mercato (si tratta di un mercato non di un fenomeno) è basata sullo spazio che gli si assegna o nega, con conseguenze fatali. Nel caso di Via Fratelli Bandiera a Marghera, la condizione delle donne che vivono e lavorano sulla strada è paradossale: la loro esistenza e sopravvivenza ruota intorno alla lotta per lo spazio fisico, in una economia stretta tra diversi attori.
La loro presenza è taciuta e spinta fuori dai centri abitati, ma nemmeno in periferia esse sono libere di compiere un passo senza che ci sia un guadagno: la criminalità organizzata, dietro minaccia di violenza, pretende del denaro da loro ogni settimana, solo per il fatto di calcare il marciapiede.
Nella prostituzione di strada il corpo è in mostra al pari di una merce ai fini della scelta e della vendita; solo gli indumenti creano un filtro tra il corpo e l’esterno, e in questo caso sono indumenti fatti per attrarre e svelare e non per nascondere: la vulnerabilità di chi si prostituisce sulla strada è totale.
La lanterna per lucciole crea un filtro ulteriore tra il corpo in vendita e le costanti aggressioni del mondo esterno, la struttura bianca e luminosa colloca le persone in uno spazio ideale, pulito e luminoso ritagliando una porzione di dimensione protetta in un contesto sporco, buio e minaccioso.
[1] H. Lefebvre, La creazione dello spazio, vol.2 pag. 229 Ed. Miozzi, Milano, 1976
[2] A. Gambino, La peccatrice di stato, articolo apparso sul numero 42 dell’Espresso, nell’Ottobre del 1957 in L’espresso 1955-1985 30 Anni di costume, allegato a cura di Umberto Eco, Ed. L’Espresso, 1985.27
[3] L. Chiodini, R. Milano, Oltre le ordinanze, i sindaci e la sicurezza urbana, pag. 22-27, Ed.Cittalia, Fondazione Anci Ricerche, Roma 2009
[4] C. Donadel R. Martini, La prostituzione Invisibile, Studio realizzato nell’ambito del Progetto WEST- Women Est smuggling trafficking, finanziato da E.R.D.F, Regione Veneto, Emilia Romagna, Lombardia, Marche, 2004
[5] Dati forniti dagli operatori dell’Ufficio Operativo Antitratta del Comune di Venezia, intervista del 6 febbraio 2015- Dati aggiornati al Dicembre 2014
[8] Ord. 2010/2009 Provvedimento urgente, ai sensi dell’art. 54, comma 4, del decreto legislativo 18agosto 2000, n. 267, per il contrasto del fenomeno della prostituzione di strada in alcune aree dell’abitato di Marghera e di Mestre – Terraglio
[9] G. Ekbert, The Swedish Law That Prohibits the Purchase of Sexual Services: Best Practices for Prevention of Prostitution and Trafficking in Human Beings, published in the October 2004 i ssue of t he journal Violence against Women, Sage Publications, United States, 2004
6 ottobre 2015