«Prova ancora. Fallisci ancora. Fallisci meglio»

di Gabriella Lo Ricco

© AFP PHOTO|Marco Longari
© AFP PHOTO|Marco Longari

 

L’immagine che ritrae un momento della manifestazione dei giovani universitari di Johannesburg può essere letta secondo un duplice punto di vista: un punto di vista giornalistico e un punto di vista volto a cercare di comprendere i presupposti di ciò che muove le manifestazioni dei giovani in Sudafrica e di valutarne, di conseguenza, gli effetti.

Reportage. I giovani universitari di Johannesburg per tutto il mese di ottobre hanno manifestato per impedire l’aumento delle rette universitarie. In realtà questo singolo problema non spiega la sinergia che ha dato vita a ciò che è accaduto in tutto il Sudafrica, visto che nel giro di un mese le manifestazioni si sono diffuse in tutto il paese. L’aumento delle rette universitarie è, in effetti, solo il sintomo di una questione ben più profonda: i giovani di Johannesburg hanno scoperto che la promessa di Mandela, «un’istruzione libera per tutti», si è scontrata con la realtà e a un’esclusione dal sapere dovuta a motivazioni di natura razziale, si è sostituita un’altra causa questa volta di natura economica. I giovani sudafricani per risolvere questo problema e per vedere garantiti i propri diritti si sono rivolti alla classe politica che in tale occasione ha accolto la loro voce: il 23 ottobre 2015, il presidente Zuma ha annunciato che l’aumento delle rette universitarie previsto per il 2016 non ci sarà. Quindi bene, la voce dei giovani è stata ascoltata.

Interrogativo. Per provare a ipotizzare come evolverà questa situazione nei prossimi anni, ci si può servire di una lettura di quest’immagine effettuata attraverso lenti di natura diversa.

Slogan 1. I giovani di Johannesburg affermano: “You will not turn universities into stores”. Ma il meccanismo di funzionamento che regola la relazione tra l’università e gli studenti, non è uguale a quello che regola il rapporto tra un negozio e degli acquirenti? Gli studenti pagano le tasse universitarie per acquistare una serie di beni – un sapere erogato da degli insegnanti che certificano la loro preparazione tramite la produzione scientifica, l’usufrutto di servizi, di spazi, di attrezzi, ecc. – e al termine di tale percorso ottengono uno scontrino – il titolo di laurea sancisce l’acquisizione di un’istruzione universitaria.

Slogan 2. I giovani di Johannesburg affermano che le università “are not the stokvels”. [Il termine “Stokvel” indica delle associazioni di credito di natura privata “inventate” durante l’apartheid da coloro che erano esclusi dai sistemi bancari]. Ma tale slogan non presuppone che i giovani si ritengono un gruppo privo di potere economico? Eppure, un negozio chiude se non esistono degli acquirenti che comprano i suoi prodotti!! Sono in primo luogo gli studenti ad assicurare l’esistenza delle strutture scolastiche. Se la questione che muove i giovani sudafricani è l’esclusione dall’istruzione a causa di un’incapacità economica adeguata alla relativa struttura, perché i giovani non si rivolgono direttamente ai detentori di quel sapere cui aspirano e non pagano direttamente degli insegnanti al di fuori dell’istituzione preposta? Perché in tal modo non avrebbero un titolo di laurea, dei servizi o degli attrezzi attraverso cui esercitare il loro ingegno. Quindi, ciò che muove le manifestazioni dei giovani sudafricani non è solo acquisire un sapere, ma anche usufruire di una serie di servizi e ottenere un titolo di laurea.

Strumenti. L’acquisizione di un bene (il sapere) attraverso dei servizi e il possesso di uno scontrino (la laurea) sono percepiti come gli strumenti atti a raggiungere un obiettivo.

Obiettivo. Gli studenti di Johannesburg vogliono accedere a un determinato livello di un sistema produttivo e, in tal modo, migliorare la propria condizione.

Paradossi. Eppure è ormai chiaro che l’accesso al nostro sistema produttivo ed economico con in possesso un titolo di laurea non è automatica garanzia di un benessere economico, né della possibilità di entrare nel mondo del lavoro ricoprendo un ruolo adeguato alla propria formazione. Sono piuttosto il sapere, la capacità di pensare e di mettere in relazione le questioni, la creatività, la consapevolezza del proprio ruolo all’interno di un sistema dotato di proprie regole, i fattori che garantiscono un miglioramento del proprio benessere (per limitarsi alla più semplice e propositiva logica). Quindi perché i giovani di Johannesburg non entrano nel merito della questione fondamentale che garantirebbe un futuro miglioramento delle loro condizioni e che ha un carattere culturale? Perché esiste molta confusione nell’interpretazione della realtà. Una confusione che si riflette nella stesura degli slogan, nella consapevolezza del proprio ruolo, nella messa a punto degli strumenti da acquisire, nella scelta degli interlocutori, nell’interazione con le istituzioni – che però non sono entità astratte, ma sono composte da individui, luoghi e attrezzature. E la confusione – si sa – non può che generare altra confusione, ovvero, fallimenti.

Sfida. A questo punto, ai giovani di Johannesburg, non resta che:

a)    Iniziare a fare chiarezza. Si può iniziare leggendo In difesa delle cause perse di Slavoj Žižek (con particolare attenzione alla p. 501).

b)   Non scoraggiarsi. Un buon metodo è ripetersi le parole di Samuel Beckett: «Prova ancora. Fallisci ancora. Fallisci meglio.»!!!!

Milano, 10 dicembre 2015