Dall’Università di Trento, tre studenti di Ingegneria Edile – Architettura ci sottopongono il loro progetto elaborato durante il terzo anno. Il progetto è sviluppato approfonditamente, dotato di schizzi (ormai una rarità), tavole e fotografie del plastico di studio.
Interessante questo contributo perché ci fornisce la possibilità di mettere a confronto i risultati ottenuti all’interno di una scuola “ibrida” con le più tradizionali scuole di architettura. Tale confronto può essere esercitato oltre che dall’osservazione del progetto, anche dalle opinioni degli studenti contenute all’interno delle risposte al nostro questionario.
FA
Studenti: Andrea Bombonati, Filippo Forlati, Giulia Molinari
Docente titolare: prof. arch. Claudio Lamanna
Università degli studi di Trento | Dipartimento Ingegneria Civile, Ambientale e Meccanica
Corso di Laurea in Ingegneria Edile/Architettura
Laboratorio di Composizione Architettonica 3 | a.a. 2013-14
Laboratorio semestrale
Valutazione progetto 28
Relazione progettuale
Il tema del corso di composizione era lo sviluppo di un progetto per il nuovo rifugio Catinaccio situato in Val di Fassa (Tn), nella cornice delle Dolomiti. Il rifugio esistente è inutilizzato da diversi anni e la struttura non si presenta in buone condizioni. Si è pertanto ipotizzato l’abbattimento del manufatto e lo studio di un nuovo edificio.
Il progetto parte da una riflessione sull’imponenza della catena montuosa che circonda il sito. Si è partiti dall’idea di un parallelepipedo innestato nel terreno come un corpo estraneo che con lo scorrere del tempo diventa parte del territorio circostante subendo erosioni e spaccature, sia esterne che interne. Un taglio trasversale divide l’edificio in due metà, permettendo in questo modo di ammirare le torri del Vajolet, campanili di roccia dolomitica. Questa spaccatura è metafora di una valle passante attraverso due pareti rocciose alte e severe, sopra le quali si scorge il fascio di luce che illumina il sentiero. Una metà del parallelepipedo viene appoggiata sul dislivello presente in situ, venendo in questo modo accorciata di un piano; l’altra viene mantenuta nella sua interezza, a meno della sottrazione di strati in facciata, essendo così caratterizzata da un prospetto a diretto confronto con le montagne in sottofondo.
Si è previsto l’utilizzo di pochi materiali per mantenere un aspetto austero, tipico dei rifugi. Conseguenza di questa scelta è che alcuni elementi si trasformano in altri, mantenendo lo stesso linguaggio. L’edificio è rivestito in lamelle lignee, che a seconda della necessità, si trasformano in scale, parapetti, balconi o in elementi di rifinitura. Questa “pelle” dà luogo a prospetti omogenei, nei quali le aperture sono celate di giorno ed enfatizzate con l’illuminazione notturna.
L’edificio si discosta dalla definizione tipica di rifugio, per quanto riguarda le forme, data la vicinanza alla strada carrabile e quindi alla facile accessibilità, ma non per lo spirito, essendo allo stesso tempo accogliente e severo.
1) Quali sono i punti di forza che caratterizzano l’insegnamento della vostra scuola di appartenenza?
L’eterogeneità degli insegnamenti permette di avere una visione d’insieme completa sul processo progettuale. I programmi delle materie affrontate spesso sono meno voluminosi – ma non per questo più facili – dei medesimi affrontati da facoltà puramente ingegneristiche o architettoniche, ma permettono di comprendere e discutere ogni tipo di problematica.
2) Quali sono invece gli aspetti carenti? Che cosa non vi soddisfa, e che cosa vorreste che la vostra scuola vi facesse approfondire maggiormente?
Data la recente nascita di questa università ibrida fra le due storiche, si nota una difficoltà nella relazione tra i due diversi mondi, sia a livello di organizzazione sia a livello di integrazione degli insegnamenti. Si nota infatti come la necessità di tempo e lavoro richiesta dalle materie architettoniche non sia compatibile con la necessità di uno studio regolare per quelle ingegneristiche. Spesso, poi, uno stesso progetto viene sviluppato prima da una materia architettonica e poi da una ingegneristica, sarebbe più stimolante, a nostro avviso, sviluppare un progetto tenendo conto di entrambe da subito. Inoltre la maggior parte dei temi affrontati nella progettazione architettonica si rivolgono ad un ambito prettamente locale che a lungo andare rischia di omogeneizzare il tipo di progetto e il conseguente stimolo e crescita che da esso si può ricavare.
3) Ritenete che il metodo di insegnamento del progetto sia legato principalmente al docente del laboratorio, o riconoscete un’impostazione più generale della scuola alla quale i docenti si riferiscono?
Essendo una facoltà recente, la maggioranza degli insegnanti provengono da facoltà dal celebre passato e all’interno della scuola si notano diversi tipi di pensiero rispetto ad un’impostazione generale. Il metodo di insegnamento del laboratorio è quindi legato principalmente a quello del docente.
4) A vostro avviso, il progetto inviatoci è stato valutato correttamente dalla vostra scuola?
La votazione del seguente progetto è derivata da una sorta di “giuria” composta dal professore e dai suoi assistenti e da persone esperte sul tema dei rifugi e dell’ambiente montano. Esso è stato valutato molto positivamente da quest’ultimi, meno dal professore. Il voto è quindi una media dei diversi punti di vista.
5) Lo ritenete il frutto dell’insegnamento ricevuto nel laboratorio di progettazione da voi frequentato, o dell’impostazione della scuola, o riflette piuttosto un vostro personale punto di vista progettuale o una vostra particolare ricerca?
Esso è frutto più di un nostro personale punto di vista progettuale e di ricerca più che dal tipo di insegnamento ricevuto.
4 dicembre 2015
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