Al Museo del Novecento, fino al 2 aprile, è visibile Paola Di Bello. Milano Centro. La mostra curata da Gabi Scardi presenta alcuni dei lavori che Paola Di Bello ha realizzato nella città in cui vive, Milano, e una serie di fotografie elaborate in occasione della personale. Nel volume che accompagna l’esposizione, Paola Di Bello. Works 84-16, Elio Grazioli, Luca Panaro e Marco Scotini, analizzano il percorso compiuto dall’artista attraverso tre diverse letture interpretative del suo lavoro ed evidenziano la tradizione intellettuale e culturale cui appartiene.
In modo indicativo, l’accesso agli spazi della mostra è anticipato da L’Enigma dell’Ora (2002). Quest’opera, che ha per oggetto la canoviana statua posta nel cortile dell’Accademia di Brera, evidenzia in effetti il file rouge che attraversa il lavoro di Paola Di Bello: il mezzo meccanico, la fotografia, è chiamato a visualizzare ciò che con l’osservazione naturale non è possibile vedere. La statua infatti determina la proiezione di due ombre: quella provocata dall’illuminazione naturale diurna e quella determinata dai fari che di notte illuminano il cortile. Frutto della sovrapposizione di due esposizioni, L’Enigma dell’Ora fissa sulla superficie le due diverse e opposte manifestazioni nello spazio dello scorrere del tempo. La convivenza di più esposizioni in un’unica immagine determina l’impossibilità della visione realizzata. In questo scarto esperienziale, legato alla vista di una immagine impossibile che tiene insieme gli opposti, risiedono contenuti e spunti di riflessione: il movimento del tempo a fronte della fissità del costruito.
La medesima operazione caratterizza le opere della serie Ora e Qui (2016) che raffigurano piazza del Duomo, la Galleria Vittorio Emanuele o Piazza Diaz, dove la convivenza tra un terso cielo azzurro e le notturne luci artificiali mette in primo piano il rapporto tra il costruito e gli abitanti della città. Nei grandi spazi, nei luoghi dove si esplicano contemporanei riti collettivi, le costruzioni della città appaiono come un’imponente e immobile frons scaena su cui si avvicenda un’indefinibile moltitudine. Qui compare, in controluce, una rappresentazione del “grande numero”: figure in trasparenza, sagome senza volti né peculiarità, compiono movimenti impercettibili e non afferrabili. Eppure quello stesso movimento nel momento in cui diventa oggetto di osservazione come in Video-Stadio (1997) genera un fenomeno sinestetico sulla costruzione che lo determina: il pilone dello stadio di San Siro sembra in movimento.
Di contro, nei luoghi più raccolti, negli spazi interstiziali della città, all’interno di piccole e operose comunità o nel tessuto urbano più minuto e periferico, questa indistinta moltitudine assume caratteri definiti e precise fisionomie. A volte, come in Framing the community (2006) si tratta di piccoli gruppi che si prestano a “ritratti di famiglia”. Ritratti singolari, poiché ai tradizionali sfondi costituiti da ambienti domestici o dai neutri teli di studi fotografici, Paola di Bello sostituisce i relativi quartieri: un interno-esterno di una Milano che, in questo caso, ha cambiato il suo volto. Altre volte, come in Concrete Island (1999), sono degli oggetti domestici spaesati, fuori casa, ad abitare le strade periferiche della città e a intrattenere con esse ribaltate relazioni.
Le immagini che compongono Paola Di Bello. Milano Centro permettono di sperimentare, a diversi piani di lettura, relazioni, movimenti e contraddizioni che animano la città. E le opere stesse, attraverso il progetto allestitivo, non mancano di mettere in scena nello spazio museale un continuo scontro e confronto tra gli opposti: centro e periferia; interno ed esterno; le note architetture che delimitano piazza del Duomo e le anonime costruzioni che costruiscono la sua periferia; moltitudine e piccole comunità; movimento e fissità; immagine reale e immagine virtuale. I continui rimandi da un’immagine a un’altra generano innumerevoli spunti di riflessione che, in un avvicendarsi di questioni, compongono un realistico e sfaccettato ritratto della città. Assolutamente da vedere!
Attraverso quali modi l’arte si può misurare con lo spazio urbano?
Ne discuteranno con Paola Di Bello, Iolanda Ratti, Marco Biraghi, Alessandra Pioselli e Francesco Zanot, all’interno della conferenza “Arte, Museo, Città” che si terrà giovedì 9 marzo alle ore 18.00 presso la Sala Fontana.
Gabriella Lo Ricco
****
Arte, Museo, Città
Sala Fontana | Museo del Novecento
9 marzo 2017 | ore 18.00
Introduce: Iolanda Ratti | Intervengono: Marco Biraghi, Alessandra Pioselli e Francesco Zanot.
La conferenza sarà preceduta da una visita guidata della mostra con Paola Di Bello alle ore 17.00.
Milano, 7 marzo 2017