di Marco Biraghi
Il Comune di Milano, su iniziativa del Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Dario Franceschini, intende dare corso alla realizzazione del Museo Nazionale della Resistenza. L’intenzione è evidentemente condivisibile ed encomiabile, anche in considerazione del fatto che Milano è città Medaglia d’Oro della Resistenza e che, a parte la stele di Giannino Castiglioni dedicata ai 15 Martiri di piazzale Loreto, in via Andrea Doria, le lastre di bronzo recanti i nomi di 1739 combattenti per la libertà nella Loggia dei Mercanti (da anni in uno stato di inaccettabile degrado) e il più recente Monumento alla Resistenza presso il Campo Giuriati, donato dall’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) nel 2015 in ricordo dei partigiani fucilati in quel luogo nel 1945, non esistono a Milano adeguati segni di “riconoscimento” della lotta partigiana di liberazione dell’Italia dall’occupazione nazifascista.
Non esistono; o meglio, non esistono più. Esisteva infatti, dentro Palazzo Morando, in via Sant’Andrea, il Museo di Storia Contemporanea di Milano (denominato nel 1963, all’epoca della sua inaugurazione, Museo della Guerra e della Resistenza), all’interno del quale Matilde Baffa, Luca Meda, Ugo Rivolta e Aldo Rossi, autori dell’allestimento, avevano realizzato una silenziosa e intensa Sala della Resistenza, che però nel corso del tempo ha finito per essere dimenticata e abbandonata, come il resto del Museo, fino a divenire – nei primi anni 2000, sotto la giunta Albertini – un anonimo spazio destinato a esposizioni temporanee e a conferenze.
Per tutte queste ragioni, la notizia della prossima realizzazione del Museo Nazionale della Resistenza non può che essere accolta con grande soddisfazione. E tuttavia, il Ministro Franceschini – in accordo con l’amministrazione comunale presieduta dal Sindaco Beppe Sala, sulla base della disponibilità fornita dal suo predecessore Giuliano Pisapia – hanno designato quale sua sede la Casa della Memoria, aperta al pubblico nell’aprile del 2015 e collocata ai margini dell’intervento di Porta Nuova. La Casa della Memoria, progettata da baukuh, ospita da allora diverse associazioni tra cui la stessa ANPI, l’Associazione Nazionale Ex Deportati nei Campi Nazisti (ANED), l’Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia (INSMLI), l’Associazione Italiana Vittime del Terrorismo (AIVITER) e l’Associazione Piazza Fontana 12 dicembre 1969 Centro Studi e Iniziative sulle Stragi Politiche Anni ’70. Oltre alla loro sede fisica, queste associazioni conservano nella Casa della Memoria i loro archivi e organizzano nei suoi spazi comuni incontri, mostre e altri eventi.
Proprio questi spazi comuni (600 m2 ca.), situati al piano terreno della Casa della Memoria, dovrebbero ospitare in futuro il nuovo Museo Nazionale della Resistenza, ridenominato nel frattempo Centro Nazionale di Interpretazione della Resistenza “Spazio Resistenza 1943-1945”: un cambio di nome che mette già in luce una forma di malcelato imbarazzo; imbarazzo che si fa ancora più evidente allorché ci si rende conto che i 400 m2 ca. destinati all’allestimento vero e proprio dello “Spazio Resistenza” sono al tempo stesso troppo pochi per una destinazione d’uso così rilevante, e troppi per la dimensione complessiva della Casa della Memoria.
A ciò va aggiunto che la qualità del progetto, poco opportunamente affidato per incarico diretto, non appare entusiasmante: un progetto che riprende il motivo del cerchio su cui è impostata la grande scala elicoidale gialla che campeggia all’ingresso della Casa della Memoria, e che – almeno stando ai materiali attualmente disponibili – non pare andare oltre una certa prevedibilità, sia pure nei limiti della correttezza. Autore del progetto è lo Studiomilani di Andrea Milani, studio di architettura con sede a Siena che ha al proprio attivo opere interessanti come il Museo del Palio e del Costume della Contrada della Tartuca, nella stessa Siena, ma che non sembra però pienamente all’altezza del compito.
Inoltre il progetto godrà di un finanziamento ministeriale di due milioni e mezzo di euro: una cifra alquanto considerevole, se si tiene conto del fatto che l’intera Casa della Memoria è stata realizzata con una somma non molto più consistente. Un semplice calcolo rivela che l’allestimento dello “Spazio Resistenza” disporrebbe in tal modo di più di 6000 euro al metro quadro, un importo che ha tutta l’aria di costituire uno spreco. Per tutte queste ragioni – e pur con tutte le attenuanti del caso – il progetto può essere considerato un errore.
È la medesima conclusione a cui è giunta l’ANPI Provinciale di Milano, che si è al tempo stesso attivata per individuare altri luoghi idonei in cui collocare il Museo Nazionale della Resistenza: Palazzo Moriggia, sede del Museo del Risorgimento, in via Borgonuovo, e una palazzina di 2000 m2 ca. all’interno del complesso dell’ex Collegio Calchi Taeggi, in corso di Porta Vigentina, senza ottenere però alcuna risposta da parte del Comune.
È stato in seguito a ciò che – sia pure con i comprensibili rimpianti – l’ANPI Provinciale di Milano e l’ANPI Nazionale hanno espresso la loro netta contrarietà all’intervento, preferendo procrastinare ulteriormente la realizzazione di una sede adeguata che ospiti il Museo Nazionale della Resistenza, piuttosto che accontentarsi di una soluzione rabberciata e poco dignitosa.
Come dare loro torto? In un Paese come l’Italia in cui questioni (e opere) importanti devono spesso attendere anni e decenni per avere una risoluzione (ovvero una realizzazione), risulta quasi paradossale la condizione di poter dare vita a un progetto culturalmente e socialmente rilevante, addirittura essenziale al fine di arginare la sempre più diffusa propensione contemporanea alla smemoratezza storica, e di disporre per di più di una sovrabbondanza di risorse per farlo, e nondimeno essere costretti a chiedere accoratamente che ciò non abbia luogo.
È altrettanto l’Italia, d’altronde, il Paese nel quale accade di frequente che fare (in apparenza) qualcosa equivalga alla maniera migliore per evitare di farla davvero. E allora, non deve stupire che chi quale proprio obiettivo si è posto e si pone tuttora la difesa del valore della libertà – dapprima resistendo contro il regime fascista e contro l’invasione nazista, giungendo anche a sacrificare la propria stessa vita per questa ragione, in seguito resistendo contro le molte forme di avversione e di indifferenza nei confronti di tale valore, esercitando un fondamentale ruolo di custode attivo della memoria – si trovi oggi a dover ancora una volta resistere: resistere contro ogni tentativo di sottovalutazione, se non di liquidazione addirittura, della Resistenza.
Resistere, resistere, resistere. Ancora e sempre Resistenza.
22 luglio 2017