È sempre bella la città? GIZMO

Io sono stato a Roma. Inondato di luce. Come | può soltanto sognare un frammento! Una dracma | d’oro è rimasta sopra la mia rètina. | Basta per tutta la lunghezza della tenebra 

Josif Brodskij, Elegie Romane, 1981, in Poesie italiane, Adelphi, 1996. 

Molti anni fa Jorge Louis Borges ha scritto della sua città come della sua vista (paradosso del poeta cieco!): «La mia patria – Buenos Aires – […] è la mia casa, i quartieri ospitali e, insieme a quelle strade e a quei rifugi che sono amata devozione del mio tempo, tutto ciò che conobbi dell’amore, della sofferenza e dei dubbi». Alcuni anni prima la poetessa di Odessa Anna Achmatova, quando nell’estate del 1941 i nazisti invadevano Leningrado, pronunciò alla radio un intenso discorso che ricordava ai suoi concittadini cosa Leningrado fosse stata per lei e per i suoi abitanti, e cosa avrebbe ancora significato: «Tutta la mia vita è legata a Leningrado. A Leningrado sono diventata poeta. (…) e io, al pari di tutti voi, in questo momento, vivo nell’incrollabile fede che Leningrado non sarà mai nazista».  

La città è quel luogo, magico e terribile, che concede e insieme toglie voce, parole, posizione, speranze. Le sue strade e le sue piazze sono il teatro di destini individuali e di lotte collettive, ma anche – e sempre più di frequente – lo scenario indifferente nel quale folle di turisti cercano e trovano tutti le stesse merci, a Napoli, a New York, a Parigi, a Barcellona o a Venezia. Eppure, nonostante la crescente omologazione, in ciascuna città c’è ancora qualcosa di irripetibile.

Non è semplice comprendere oggi che cosa siano le città. Ciascuno di noi sa che cos’è una città, ciascuno ne fa quotidiana esperienza, quale che sia il suo nome, la sua collocazione geografica, piccola o grande che sia. E tuttavia – come nel caso del tempo – chi saprebbe spiegarlo in forma piana e breve? Chi saprebbe formarsene anche solo il concetto nella mente, per poi esprimerlo a parole? Ci riescono, a volte, scrittori e poeti; più raramente, architetti e urbanisti.

Nel 1977 Saverio Vertone, aveva commissionato ad alcuni scrittori, architetti e critici italiani, tra i più acuti dell’epoca (Italo Calvino, Alberto Moravia, Leonardo Sciascia, Giorgio Manganelli, Aldo Rossi, Carlo Aymonino, Giulio Carlo Argan, tra gli altri) dei brevi scritti sul tema, riunendoli sotto il titolo Com’è bella la città. Oggi, rivolgendosi ad alcune figure significative del nostro tempo, Gizmo chiede: È sempre bella la città?