Un museo del Novecento?

di Marco Biraghi

I giudizi sul Museo del Novecento di Milano, recentemente inaugurato al termine di un iter decennale che dal concorso del 2000 ha portato alla sua realizzazione su progetto di Italo Rota e di Fabio Fornasari, sono – come spesso accade – contrastanti: qualcuno vede nel nuovo allestimento delle collezioni di arte moderna e contemporanea del Comune di Milano all’interno dell’Arengario, in piazza del Duomo, il positivo coronamento di una vicenda che per molto – troppo tempo – ha visto la “capitale italiana dell’arte” (quanti “titoli” altisonanti per questa città così mediocre!) orfana di un’adeguata sede espositiva; altri vedono invece nell’opera di Rota e Fornasari un’occasione mancata dalla cultura milanese – l’ennesima! – per mettersi al pari con quelle città europee e mondiali a cui aspirerebbe a somigliare.


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Che dire? Certo, il Museo del Novecento colma una lacuna milanese ormai insostenibile, rifunzionalizzando l’Arengario e connettendolo proficuamente con il Palazzo Reale, così da formare con quest’ultimo un sistema museale integrato quantomeno dignitoso e strategico; e certo, affacciandosi sulla piazza del Duomo, il Museo del Novecento offre delle vedute di pregio della piazza stessa, della Galleria e del Duomo, e apre squarci interessanti sugli edifici circostanti, permettendo di scorgerne dettagli che dal basso non risulterebbero altrimenti visibili.

Ma in modo altrettanto certo, i percorsi cui viene obbligato il visitatore attraverso le scale mobili da grande magazzino sono schizofrenici; e l’effetto di troppo-pieno dell’allestimento è degno più di una mostra-mercato che non di un museo; per non parlare poi delle controsoffittature in stile uffici comunali anni sessanta; e del boudoir sadomaso in puro “stile Rota” che collega l’ascensore al bar (cui si aggiunge la particolare perversione d’impedire il raggiungimento del bar direttamente dagli spazi espositivi).


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Pur con tutto ciò – tanto nel bene quanto nel male – il Museo del Novecento non vale neppure la gioia di un’esaltazione o la pena di una polemica. Nel suo scendere a innumerevoli compromessi, nel suo occhieggiare a cose diverse contemporaneamente, del resto, dimostra di rimanere essenzialmente distante da quello spirito provocatorio e avanguardistico, in certi casi forse oltranzistico ma sicuramente deciso, che ha caratterizzato molte delle opere che custodisce. Più che un museo del Novecento, da questo punto di vista, quello di Rota e Fornasari rivela di essere pienamente un museo della nostra incerta epoca.

20 febbraio 2011