critical text by Mario Botta
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Right in the middle of the babel of formal languages that have connoted the last decade of an uncontrolled hedonism produced by the culture of globalisation, an exhibition entitled “The architecture you like©” could sound like the umpteenth disengagement.
However, by pointing out the work carried out by Francis Kéré in Burkina Faso, I believe that I am indicating architecture capable of finding, once more, the most profound meanings of the discipline where the technical-constructive invention, realised by using “basic” materials that are easily available, one achieves cheerful poetics from such spaces in order to offer original emotions.
Once again architecture becomes a protective structure for man, which is capable of taking upon itself problems relating to climate and energy and, at the same time, it strongly reaffirms the ethical commitment that the term “to construct” actually means.
By means of Francis Kéré architecture finds, once more, its most profound sense, associated with an activity capable of facing important problems in places where poverty and underdevelopment reigns and which cannot be ignored.
His language re-proposes us with images of fundamental elements of compositional grammar: the panels in the terracotta walls that work by gravity and the light roofs that become out-and-out umbrellas above the spaces of life.
An extremely humble architecture that strongly indicates how the ethics of constructing sometimes leads you into the marvellous silences of poetic language.
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Nel bel mezzo della babele dei linguaggi formali che hanno connotato l’ultimo decennio di uno sfrenato edonismo prodotto dalla cultura della globalizzazione, una rassegna dal titolo “L’architettura che ti piace©” potrebbe risuonare come l’occasione di un ennesimo disimpegno.
Segnalando il lavoro svolto da Francis Kéré in Burkina Faso, ritengo invece di indicare un’architettura in grado di ritrovare i significati più profondi della disciplina dove l’invenzione tecnico-costruttiva, realizzata con materiali “poveri” facilmente reperibili, giunge a una felice poetica degli spazi tale da offrire inedite emozioni.
L’architettura ritorna ad essere una struttura di protezione per l’uomo, capace di farsi carico dei problemi climatici ed energetici e, nel contempo, riaffermare con forza l’impegno etico proprio del termine “costruire”.
Con Francis Kéré l’architettura ritrova i suoi significati più profondi, legati a una attività in grado di affrontare importanti problemi là dove ristagnano sacche di povertà e sottosviluppo che non possono essere ignorate.
Il suo linguaggio ci ripropone immagini di fondamentali elementi di grammatica compositiva: i setti delle murature di cotto che lavorano a gravità e le leggere coperture che diventano veri e propri ombrelli al di sopra degli spazi di vita.
Un’architettura di grande umiltà che indica con forza come l’etica del costruire talvolta conduce ai meravigliosi silenzi del linguaggio poetico.
The text is presented at the exhibition L’architettura che ti piace©/The architecture you like© opened at MAXXI, Rome until 15th May 2011. Info www.fondazionemaxxi.it
Il testo è presentato alla mostra L’architettura che ti piace©/The architecture you like© visitabile al MAXXI di Roma fino al 15 maggio 2011. Info www.fondazionemaxxi.ita
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