Architetture sulla Ruta del Peregrino, Jalisco, Mexico

di Sara Impera

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Attraversando zone montuose e piccoli centri urbani, la Ruta del Peregrino si snoda per 117 km nella regione di Jalisco in Messico, partendo da Ameca e giungendo fino a Talpa, al santuario di Nuestra Signora del Rosario de Talpa. Questo pellegrinaggio è un fenomeno religioso che interessa circa tre milioni di persone l’anno, con una maggiore concentrazione durante i mesi pasquali, e una mobilitazione di viandanti così ingente da aver richiesto il progetto di una grande infrastruttura territoriale.

L’esigenza di segnare il percorso, di renderlo leggibile e di facilitarlo, ha costituito il punto di partenza per le sette architetture che segnano altrettante tappe, risultato del lavoro collettivo di architetti di diversa formazione ed estrazione culturale. Torri, eremi, mirador e un piccolo albergo scandiscono il cammino, con un programma funzionale che offre dotazioni essenziali per il viaggiatore a piedi.

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Queste architetture-oggetto, medium fisico tra l’uomo camminatore e il paesaggio attraversato, sono accomunate dalla semplicità formale, non priva talvolta di una certa plasticità, ottenuta tramite involucri minimi; le qualità sensoriali, tattili e materiche sono i presupposti di un’architettura che cerca in primo luogo di essere esperienziale ed estremamente fisica. Così la luce diventa il mezzo attraverso cui si materializzano metafore e simbologie religiose, assieme alla costruzione di topografie artificiali che generano tensioni e ascese mistiche.

La Capella Abierta, prima architettura lungo la Ruta, è una composizione di quattro elementi totemici a torre disposti a croce, che stagliandosi nel paesaggio montuoso arido e brullo delle montagne, con il loro candore, hanno il ruolo di recapiti visivi e grazie alla loro altezza la funzione di produrre ombra; la torre nel Cerro del Obispo, anch’essa un corpo verticale, è il risultato dell’estrusione di una forma libera che si riferisce chiaramente, anche in questo caso, alla croce, e si configura come luogo chiuso di meditazione che guarda al cielo dall’interno di uno spazio cavo.

La ermita de Piedra è un lungo muro rettilineo orientato da nord a sud, attraverso cui è possibile sperimentare il passaggio dall’oscurità alla luce secondo un movimento ascendente; la ermita Las Majadas è invece una piramide cava scomposta lungo la mezzeria, un segno che si fa portatore del valore della solidarietà; la ermita San Rafael, collocata in un luogo poco visibile, è un anello che racchiude una porzione di bosco, un perfetto recinto circolare poggiante solo in alcuni punti a simboleggiare l’infinito peregrinare.

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L’Albergue la estanzuela y atenguillo, progettato per essere un albergo minimo che offra riparo e servizi, è un corpo longitudinale con un basamento in mattoni pieni che nella parte alta si alleggerisce per lasciar filtrare la luce. Il mirador Los guayabos, fornisce riposo e ombra all’interno del Cerro de la Penitencia, uno dei punti più faticosi di tutto il percorso, e si tratta di un elemento elicoidale che conduce in cima a un belvedere che guarda verso la valle; il mirador Espinazo del Diablo, ultimo lungo il percorso, è un parallelepido ripiegato su se stesso a inquadrare il paesaggio.

Il camminare presuppone di per sé un’azione trasformativa sul territorio (Careri 2006), risultato del sedimentarsi di pratiche ripetute che la stessa natura, possedendo “un magnetismo sottile in grado di guidarci nella giusta direzione” (Thoreau 1989), dovrebbe orientare. La Ruta del Peregrino, una linea disegnata dall’impronta spontanea dei passi, è uno spazio collettivo esteso dove l’esperienza della peregrinatio è allo stesso tempo comunitariamente condivisa e individualmente interiorizzata, infatti durante il viaggio “animum debes mutare, non caelum” (Seneca, Lettere a Lucilio, Libro Terzo, n.28).

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Se il cammino definisce uno spazio a-dimensionale dove ciò che conta sono unicamente la direzione e la meta, queste sette architetture disperse lungo la rotta diventano di capitale importanza perché, esattamente come succede nello spazio liscio nomadico teorizzato da Deleuze e Guattarì (1980), esse definiscono degli intervalli, e “l’intervallo è decisivo, l’intervallo è sostanza da cui derivano i valori ritmici”.

Ogni singolo dispositivo architettonico così scandisce il cammino, lo segmenta e dunque lo temporalizza in fasi consequenziali; gli spazi colonizzati da questi oggetti, inducendo alla sosta, diventano dunque il luogo di stanzialità temporanee, e questo è dimostrato tra l’altro da particolari forme d’uso tra cui il volontario addensarsi in prossimità di essi di ripari di fortuna per la notte, o la presenza di spazi per il consumo del cibo .

Configurandosi come nuclei di urbanità primitive e rudimentali favoriscono modalità di appropriazione dello spazio inconsuete e differenti, che celano un grande potenziale: quello di esportare oltre i confini della città la possibilità di uno spazio condiviso e collettivo, dal carattere marcatamente urbano, che l’architettura contribuisce in questo caso a rendere immediatamente riconoscibile.

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Bibliografia
AA.VV, L’architettura del Mondo. Infrastrutture, mobilità, nuovi paesaggi, Bologna, Editrice Compositori, 2013
Deleuze G., Guattarì F., Mille piani: capitalismo e schizofrenia, Roma, Cooper&Castelvecchi, ed.2003
Seneca L. A., Lettere a Lucilio, Milano, La Feltrinelli, ed. 1974
Thoreau H. D., Camminare, Milano, SE, 1989
Careri F., Walkscapes: camminare come pratica estetica, Torino, Einaudi, 2006

Sitografia
http://www.abitare.it/it/featured/ruta-del-peregrino/
http://www.rutadelperegrino.com.mx/
http://biennalearchitettura.telecomitalia.com/protagonisti/ruta-del-peregrino/
http://www.archdaily.com/272441/venice-biennale-2012-ruta-del-peregrino/

7 maggio 2014