di Ilaria Pittana
“Secondo Archizoom, la città era ciò che faceva: essa non era nient’altro che il suo stesso sistema (ri)produttivo ridotto al livello architettonico zero: uno spazio dotato di aria condizionata e un bagno ogni 50 metri”
Pier Vittorio Aureli
“Si tratta di un’autobiografia scientifica di Branzi e del movimento radical”. Così Stefano Boeri ha aperto la conferenza tenuta il 20 marzo nell’Aula Rogers del Politecnico di Milano, in occasione della pubblicazione del nuovo libro di Andrea Branzi, Una generazione Esagerata. Dai radical italiani alla crisi della globalizzazione (Baldini&Castoldi, Milano 2014).
Il palese riferimento al testo di Aldo Rossi è stato accolto e argomentato dallo stesso Branzi, che nel suo libro ha dedicato diverse pagine al rapporto instaurato negli anni sessanta tra Rossi e Archizoom. “Incontrandoci spesso con Aldo Rossi a La Spezia, a metà strada tra Milano e Firenze, allora capo redattore di Casabella, trovammo l’occasione di una vicinanza almeno teorica nel comune rifiuto del modernismo compositivo e del riformismo borghese, attorno alla scoperta dell’opera di Hilberseimer”[1]. Rossi per Branzi era senza dubbio un maestro, aperto e attento alle nuove tendenze: “aveva attenzione per i gruppi radical, conosceva Archigram, sapeva ascoltare e capire le loro pretese e rivendicazioni dei radical seppur non condividendone gli esiti”. Se infatti tanto Rossi che i gruppi radical si stavano avvicinando all’opera degli architetti “visionari” dell’epoca della Rivoluzione Francese (Etienne-Louis Boullée e Claude-Nicolas Ledoux), lo facevano però con intenti assai diversi: da una parte, per interesse nei confronti della forte funzione simbolica del monumento, dall’altra (quella dei radical) per il rifiuto del monumentalismo.
Del resto, nel 1966 usciva la prima edizione de L’architettura della città di Rossi, proprio nel momento in cui si incominciavano a diffondere i sentimenti di critica della città, accompagnata da una critica della società merceologica che la popolava; e proprio in quell’anno venivano fondati i due principali gruppi di architetti i: Archizoom (Andrea Branzi, Gilberto Corretti, Paolo Deganello, Massimo Morozzi) e Superstudio (Roberto Magris, Alessandro Magris, Gianpiero Frassinelli, Alessandro Poli). E se l’incontro con Rossi avvenne grazie alla Triennale del 1968, fu proprio in occasione di quella del 1973 che Branzi individuò la fine della “convivenza politica” tra Rossi e Archizoom e lo schieramento definitivo in favore di Ettore Sottsass, nominato Commissario per il settore Internazionale di Design. Da una parte nessun “prodotto” ma 140 videotape che raccoglievano idee, sperimentazioni, documenti raccolti in tutto il mondo; dalla parte opposta Rossi, assieme a coloro che Branzi nel suo libro definisce gli “aldo-rossiani” come Superstudio, delineavano i tratti di ciò che venne chiamato la Tendenza.
Si trattò quindi di una vicinanza a Rossi in quanto figura dominante dell’epoca (assieme a Ettore Sottsass), ma anche di una lontananza critica, una presa di distanza dalle tesi rossiane: se per quest’ultimo l’architettura e la città si componevano di corpi fissi – di monumenti appunto –, per Branzi e per Archizoom l’architettura era – ed è – animata da “corpi vitali”. Precisa Branzi: “la città senza architettura = Archizoom; l’architettura senza città = Superstudio”, rimandando alle tesi dei due gruppi radical.