In occasione dell’iniziativa “Frantumazione” (Udine, 27-30 agosto 2009), pubblichiamo l’intervento di Gabriella Lo Ricco e Silvia Micheli riguardo il tema della “Frantumazione dellurbano”:
La frantumazione della città in parti generiche
Ricostruire la Grande Milano
di Gabriella Lo Ricco e Silvia Micheli
«Credo che debba essere ripensato il “senso” delle parti che costituiscono la città e, soprattutto, la qualità e le dimensioni delle parti nuove. Se non si accetta questo tipo di ripensameto, di analisi, sulla qualità e sulle dimensioni di queste parti si ammette senza alcuna discriminazione ogni fatto fisico come elemento della città. […] Se si accetta questa analisi si inizia un discorso sull’architettura che assume come elementi di giudizio solo quelli relativi alla città come un tutto dinamico e a quelle parti di essa che, aggiunte o modificate, tirano a modificare a loro volta la forma continuamente definita di quella». Quando Gianugo Polesello pubblica nel 1968 sulle pagine di «Il Confronto» l’articolo da cui è tratto questo stralcio la progettazione della città per parti era già stata ampiamente teorizzata. In tal senso il quartiere Gallaratese progettato da Carlo Aymonino e Aldo Rossi tra la fine degli anni sessanta e l’inizio degli anni settanta è l’esempio più significatico che la città di Milano possa vantare. Da allora pochi sono gli interventi degni di nota a fronte di un paesaggio urbano che risulta essere definito da fattori di natura prevalentemente immobiliare-speculativa piuttosto che architettonica.
Solo negli ultimi anni a Milano si è imposta la strategia della progettazione della città per parti secondo modalità e presupposti però mutati rispetto alle autorevoli analisi elaborate dalla cultura architettonica italiana negli anni sessanta.
Tra le ragioni concomitanti che hanno innescato tale cambiamento di prospettiva, due sembrano rivestire un ruolo significativo.
La prima, di natura architettonica, coincide con la raggiunta consapevolezza dell’impossibilità di interpretare i caratteri costitutivi del tessuto urbano all’interno di un disegno unitario. Dall’inaugurazione della Torre Velasca (1958) e del Grattacielo Pirelli (1961), edifici simbolo della rinascita post-bellica, Milano ha registrato limitati interventi architettonici che ne hanno declinato il carattere. Negli ultimi decenni del XX secolo la crescita urbana del capoluogo lombardo risulta infatti definita da fattori di natura prevalentemente immobiliare-speculativa piuttosto che architettonica. La seconda, a carattere legislativo, corrisponde al potenziamento dei criteri di flessibilità delle procedure urbanistiche per l’adeguamento alle nuove condizioni politiche ed econimiche delle realtà comunale. Con le disposizioni della legge regionale 9/99 sulla Disciplina dei Programmi Integrati di Intervento sono introdotti nuovi strumenti operativi in grado di rispondere in maniera più immediata, sebbene meno controllata, alle nuove esigenze della città, attraverso la rinnovata cooperazione tra amministrazione pubblica e soggetto privato sancita dall’Accordo di Programma.
I numerosi progetti tra cui quelli di City Life, quelli per Porta Nuova e quello per Santa Giulia, solo per citare solo i più significativi, evidenziano chiaramente una strategia in cui i singoli progetti non entrano in relazione con i caratteri costituitivi della città: la possibilità di intervenire in una realtà urbana esistente dotata di proprie logiche e caratteristiche viene percepita come un vincolo da sovvertire piuttosto che una potenzialità da esplodere. La scelta di operare nel tessuto urbano per interventi episodici, unita alla rinuncia ad affrontare il tema della trasformazione urbana milanese nel suo assetto complessivo, apre quindi la strada alla realizzazione di progetti che si strutturano in modo indipendente dal resto della città, e risultano estranei al contesto che li accoglie. Se analizzati sotto il profilo formale, questi progetti privilegiano l’utilizzo di un linguaggio generico e indifferente all’identità architettonica di Milano.
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FRANTUMAZIONE
di Giovanni Floreani
Il nostro mondo, il mondo attuale, ci ha abituato ad assumere ed assimilare il tutto con una facilità allarmante ed una velocità indicibile; e non vi è differenza, nella forma, fra aree geografiche, appartenenze sociali, livelli culturali o dimensioni professionali.
Si potrebbe palesemente affermare che questo aspetto della globalizzazione infierisce su chiunque.
Fatte salve alcune zone del pianeta dove la vita, di quel poco che ancora esiste, scorre a ritmi per noi inimmaginabili, il Consumo ha invaso la terra, autoconnotandosi, a nostra insaputa, quale peggior virus deleterio di tutti i tempi.
L’uomo si illude di poter coniugare ricchezza e sostenibilità attraverso forme evolute di organizzazione sociale, forte, a suo dire, della enorme conoscenza tecnologica sviluppata soprattutto nella seconda metà del secolo scorso.
Nulla di più pericoloso ! gli esempi che vanificano tali chimere appaiono quotidianamente sotto gli occhi di tutti noi.
Ma non c’è il tempo (ne la volontà) di avvertirli.
La frantumazione costante che invade il nostro tempo e il nostro spazio appare come una effimera soluzione che inevitabilmente si trasforma in un accumulo di problematiche; un intervento pensato per interrompere flussi negativi ed antiproduttivi, diventa esso stesso elemento di incalzante asfissia. Il frantumare, questa azione apparentemente disgregante, distruttiva, ma al tempo stesso provocatoria, modificatrice, assume spessori opposti alla sua natura: si frantuma aggiungendo laddove già c’è troppo.
Un banale esempio ? osservate gli asfalti delle città. Costruire, distruggere, ricostruire… è un continuo rimaneggiare che stride con il concetto di super organizzazione ostentata dalle amministrazioni pubbliche.
Il paradosso del nostro tempo è che noi tutti viviamo dentro la frantumazione, lamentando una insostenibile tensione da essa provocata. Talvolta tentiamo apparenti rivoluzioni; quasi sempre la riposizioniamo; vale a dire che per implicita necessità le attribuiamo valori e valenze rassicuranti e “necessarie”. Aggiungere è divenuto un percorso obbligato cui nessuno di noi potrà più sottrarsi. Le tecnologie, ma non solo esse; tutto ciò che nasce per rendere la vita dell’uomo più agiata e agevole, sono sostanzialmente delle “estensioni” dell’uomo stesso. Le “cose” debbono essere a portata di mano, dentro noi se possibile; si è giunti a livelli terminali dove nemmeno l’apparente, adeguatamente creata “esigenza”, esiste più. Si possiede per l’esigenza di possedere. Frantumare quindi per moltiplicare, per riempire, per aggiungere, per rimettere in circolo con forme, colori, suoni diversi ma uguali; per offrire all’uomo un’alternativa alla Spiritualità, troppo impegnativa ed ingombrante in un modo dalle mille e una soluzioni immediate.
Il progetto
FRANTUMAZIONE rappresenta la logica conseguenza del percorso LA NATURA DEI SUONI, che nel 2005 fu per la prima volta realizzato attraverso un concerto ai Colonos di Villacaccia da Strepitz_concept.
Fu oltremodo l’occasione per iniziare una interessante collaborazione con il percussionista Pierre Favre e Yang Jing, virtuosa suonatrice di Pipa.
Nei due anni a seguire LA NATURA DEI SUONI fu proposto, con successo, sottoforma di concerto e/o performance in vari festival, teatri, librerie in Italia e all’estero.
Oltre al cd, nel dicembre 2007, uscì anche il libro scritto da Giovanni Floreani e Alberto Madricardo: una interessante riflessione sui temi dei Suoni e della Natura articolata fra una visione “musicale” e una “storico – filosofica”.
Il libro, seppure abbia una circuitazione di nicchia, sta raccogliendo un sensibile successo in ambiti non solo musicali. Prova ne sia che risulta catalogato in tutte le biblioteche del Friuli Venezia Giulia. La partecipazione alla trasmissione Radio tre Suite di Alberto Madricardo e Giovanni Floreani ha favorito la collocazione de LA NATURA DEI SUONI in ambito nazionale e non solo; infatti da circa 1 anno la produzione sia letteraria che discografica appare nei più importanti siti web per l’acquisto informatico e sul blasonato circuito I Tunes.
Sollecitati dall’imput fornito dalla Biennale di Architettura di Venezia del 2006, nella quale il tema centrale era rappresentato dai suoni e rumori delle città, gli autori decisero di implementare la ricerca iniziata nel 2005, iniziando un lento ma costante lavoro di raccolta di testimonianze, registrazioni di rumori, suoni, riprese video nelle città e nei cosiddetti luoghi di aggregazione urbana, nel tentativo di ottenere elementi, spunti, osservazioni da trasformare nel secondo atto di questo progetto artistico.
Significativa particolaritą Ź rappresentata dal fatto che in questa seconda fase compaiono, nel limite del possibile, tutte le espressioni artistiche.
Il suggerimento è scaturito da una riflessione sorta nel corso di un apposito simposio realizzato con la partecipazione di tutti gli addetti ai lavori de LA NATURA DEI SUONI: quale può essere la funzione e la collocazione dell’artista nel mondo contemporaneo?
Fra le tante osservazioni la più opportuna è sembrata quella che impone all’artista un ruolo attivo, nel senso che l’ARTE può e deve raccontare il presente senza peraltro pontificare o inviare messaggi. Semplicemente testimoniare.
Ecco quindi che nascono sinergie espressive e contenutistiche fra Arte visuale, Musica, Poesia, Architettura, Videoart…
Lo stesso capitolo FRANTUMAZIONE subisce una sottodisgregazione individuando alcuni sottotemi che tuttavia sottolineano, con estrema precisione e attualità gli elementi “frantumanti” che la società contemporanea provoca e al tempo stesso subisce.
FRANTUMAZIONE DELL’ELEMENTO NATURALE
La contraddizione dilagante è delineata dalla forte necessità condivisa di un “ritorno” alla Natura senza tuttavia rinunciare ai “benefici” che il progresso tecnologico ha introdotto nella nostra vita quotidiana.
Sempre più spesso si assiste a surrogati naturali che accettiamo di buon grado, rifiutandoci di riconoscere la palese falsità di questi prodotti.
Tralasciando gli aspetti consumistici, ci si può soffermare sulla cosiddetta “contaminazione artistica”: Gli elementi “naturali” generalmente non necessitano di manipolazione per esprimere la loro bellezza. La manomissione dell’uomo, tuttavia, incombe. Forse a causa della sua manifesta impotenza di fronte alla Natura ? o forse per un bisogno innato di trasformazione e cambiamento? o semplicemente per non annoiarsi? Rimane il fatto che la commistione Natura – Intenzione umana in tutte le espressioni artistiche provoca discussione, dibattito e, infine, sofferenza.
Vi è anche un altro aspetto: l’enorme produzione artistica che, supportata dalle agevolazioni tecnologiche, viene costantemente proposta da “chiunque” decida di introdursi nel “libero” mondo artistico: Tutti sono artisti e tutto è concesso. Non vi è più alcuna distinzione fra chi realizza e propone e chi fruisce. I ruoli sono intercambiabili a prescindere dai talenti, dalla preparazione, dallo studio e dalla dedizione.
Può essere una reale e totale forma di democrazia o è semplicemente la decadenza?
Non solo! che fare di questa enorme produzione artistica ? la consumiamo e poi la gettiamo ?
FRANTUMAZIONE DELL’URBANO
In questo caso è l’Architetto sotto processo. L’Archistar come viene definito da Gabriella Lo Ricco e Silvia Micheli nel loro recente libro “Lo spettacolo dell’architettura: profilo dell’Archistar” , è divenuto, per l’architettura, ciò che rappresentano Armani, Versace e lo styling system per la moda.
La differenza è che l’acquisto di un abito è comunque una scelta soggettiva (anche se sappiamo quanto siano condizionanti le proposte dei guru – stilisti) mentre l’edificazione di una torre – missile (vedi Foster a Londra) o di un ponte dove i disabili non possono transitare (vedi Calatrava a Venezia) sono di fatto “subiti” dall’intera società, sia in termini economici sia in termini di vivibilità.
Assistiamo quindi a conflitti urbani fra opere faraoniche e spesso inutili, frutto di una esagerata forma di autorefenzialità, e marciapiedi inagibili, strade dissestate, organizzazione urbanistica spesso devastante. Ma Frantumazione è anche l’accostamento azzardato dei materiali costruttivi, la superburocrazia di norme che anziché agevolare appesantiscono la quotidianità del fare.
Anche in questo caso l’Arte non può sottacere: deve, forzatamente, raccontare.
FRANTUMAZIONE DEL SOCIALE
Alla Biennale di Architettura di Venezia del 2006 scoprimmo un dato a dir poco devastante: nel 2060 l’ottantacinque per cento della popolazione mondiale vivrà nei centri urbani o comunque in immensi agglomerati metropolitani. Stiamo parlando di 6 mld di essere umani e forse più….
Annotando certe proiezioni, raccontate anche da una stupenda rappresentazione video grafica, veniva alla mente la realtà di molti luoghi “ex abitati” . E non pensiamo alle grandi aree desertificate che pure esistono nel Mondo, ma di ambienti montani, marini o semplicemente delle immediate periferie.
Luoghi dove fino agli anni ‘50 vivevano comunità di 1000 e anche oltre abitanti ora si ritrovano in poche decine di persone.
Può funzionare un Mondo in questo modo ?
Appare evidente che le “Frantumazioni” precedenti si intersecano con quest’ultima decretandone la totale incontrollabilità.
Ma il “Sociale” non è solamente quantità elevata in spazi limitati; è anche integrazione o ”disintegrazione” , è capacità di convivenza e sopportazione (tolleranza), significa reiventare gli agglomerati urbani, definire altre forme di convivenza.
Su questi temi la Scienza e la Conoscenza stanno dimostrando i limiti in tutta la loro interezza.
Anche in questo caso i succedanei del Naturale convivere fanno breccia: pur avendo accesso a “tutto” la moderna società non riesce a definire livelli “sani” di socialità, di divertimento, di aggregazione. La città superpopolata determina luoghi, spazi e tempi di incontro e vita sociale come se anch’essi facessero parte di un ciclo produttivo: fioriscono gli “happy hours” , le “notti bianche” , i “rave party” e poi, tutti a casa davanti a “grandi fratelli” , “sanremi” e “supermercati di Soap Opera”.
Documentare, fotografare, fissare questa evoluzione diventa una necessità, un obbligo per chi usa gli arnesi dell’arte per esprimere le proprie riflessioni; senza offrire soluzioni o attribuire responsabilità. Semplicemente uno sguardo furtivo in uno di quei momenti che per fatalità o convergenze comuni, la frantumazione ha lasciato spazio al pensiero. Al di fuori della porta del mondo.
Giovedi 27 agosto
h. 18,30 UDINE – Centro arti Visive “Visionario” di via Asquini
book shop space
frantumazione dell’urbano
Inaugurazione della mostra FRANTUMAZIONE
interventi introduttivi degli assessori all’urbanistica e alla mobilità e viabilità del Comune di Udine
Spazio riflessivo con interventi di
Giovanni Floreani_musicista
Alberto Madricardo_filosofo
Silvia Micheli_architetto
Gabriella Lo Ricco_architetto
Stefano Pogelli_giornalista Rai 3
Renato Rizzi_architetto
Luciano Semerani _architetto
Intervento sonoro
FRANTUMASUONI CON
Marco Maria Tosolini e Antonio Della Marina
Venerdi 28 agosto
h. 18, 30 Libreria Moderna UDINE
Silvia Micheli e Gabriella Lo Ricco
presenatno il libro Lo spettacolo dell’architettura: profilo dell’archistar
h. 22, 30 Area verde Centro arti Visive “Visionario” di via Asquini
Strepitz_concept
live concert FRANTUMAZIONE
on
Giovanni Floreani, Ermes Ghirardini, Lorenzo Marcolina, marco Andreoni, Alessio Ghezzi.
Ospiti speciali
Barbara Carrer_ voce soprano
Barbara Stimoli_danza contemporanea
in caso di maltempo il concerto si terrà ugualmente nella sala interna astra
Sabato 29 agosto
h. 16 – 21 piazza Matteotti ART PERFORMANCE
Una Art performance interattiva condotta da un folto gruppo di artisti
Ofelia Croatto (Udine)
Raffaele De Martino (Napoli)
Sonia Di Gennaro (Napoli)
Aldo Ghirardello (Udine)
H.C. _ capitale umano (Udine)
Le Donne del Bosco (Ovaro)
Maziar Mohktari (Iran)
Dafne Nulla (Roma)
Sandra Palombelli (Roma)
Bruno Zorzal (Brasile)
in caso di maltempo Art performance si terrà in area coperta della Loggia San Giovanni (piazza Libertà). In tal caso gli orari previsti sono : dalle 11 alle 17)
organizzazione a cura dell’associazione culturale Fûrclap
direttore artistico Giovanni Floreani